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La veduta di
Venezia realizzata nel 1500 dal de’ Barbari, riporta con precisione la
situazione della futura area delle galeazze prima che, nel
corso del 1557, per volontà del
Senato venisse annesso all’Arsenale circa la metà del vasto orto delle
monache della Celestia. All’atto di inglobamento fece prontamente seguito la costruzione delle nuove mura di confine, che separarono il grande complesso industriale dalla porzione di terreno che era rimasto a disposizione del convento. Ciò fatto, iniziò subito dopo il completo sbancamento della nuova aerea con lo scavo del canal de le galeazze, opera che venne terminata nel 1564. Nel frattempo, sempre nel corso del 1564, il Senato aveva decretato l’avvio del quinto ampliamento dell'Arsenale, da tenersi a nord-ovest del complesso, sulla porzione di terreno attiguo al recinto de le polveri. In breve tempo giunse a buon punto lo scavo della vasca de le galeazze mentre procedeva spedita la costruzione di sei nuovi grandi tezoni, suddivisi in un blocco di tre verso levante ed un blocco di tre verso ponente. I lavori si conclusero nel 1569. Dunque poco prima della battaglia navale di Lepanto (1571) era pronta l'area destinata ad ospitare la costruzione della galeazza, variante più grande della tradizionale galea, mossa a remi e a traino, armata con ben 40 pezzi di artiglieria in bronzo e molti archibugi da posta, progettata e messa a punto dal celebre nobilomo Giovanni Andrea Badoer. Sulla base della pianta redatta nel 1798 dal Maffioletti sulla condizione dell’Arsenale alla caduta della Repubblica, i tre tezoni a ponente, (da sud a nord) erano utilizzati come segue: il primo aveva una fregata da 52 cannoni in costruzione; il secondo una bombarda in costruzione; il terzo per rimessaggio di navigli di medio tonnellaggio. In minuscoli laboratori costruiti su di una piccola porzione di terreno scoperto a sud dei tezoni a levante, si costruivano zattere e cavalletti, quindi (da sud a nord) venivano i tre tezoni che erano utilizzati come segue: il primo per il rimessaggio di piccole imbarcazioni, con all’interno una baracca per operai; il secondo con due cutter in costruzione; il terzo per rimessaggio di piccole imbarcazioni e con all’interno un recinto con cavalli. Da questa desolata
descrizione ben si comprende come il quartier
de le galeazze,
una volta cessata la produzione del naviglio per il quale era stato concepito
e rivelatosi inutilizzabile per la costruzione dei grandi vascelli di linea,
data la scarsa estensione della vasca per il varo, era ormai adibito a
funzioni del tutto marginali. Caduta la
Repubblica nel 1797, durante la seconda occupazione austriaca (1814-1848),
nel corso dei lavori di restauro effettuati nel 1822 in quest’area sulle
mura di confine con la laguna, fu rinvenuta la traccia dell'antico varco
acquatico attraverso cui venivano introdotti i tronchi d’albero in Arsenale, testimonianza
che però non venne conservata. Dopo l’annessione nel 1866 del Veneto al Regno d’Italia, l’approvazione da parte della Regia Marina nel 1869 del piano di riordino dell’Arsenale comportò la necessità di disporre di una zona sgombra da edifici, dove realizzare gli odierni sìvoli da varo. I lavori iniziarono nel 1873 con la completa demolizione del tezon meridionale del blocco dei tre tezoni a levante e con il profondo rimaneggiamento delle strutture dei due superstiti, specialmente di quello posto anticamente nel mezzo, sul cui fianco meridionale ora libero vennero inserite nuove decorazioni lapidee che ne snaturarono la sobrietà costruttiva originaria. Miglior sorte
toccò ai tre tezoni a ponente, che hanno complessivamente mantenuto le
dimensioni originarie con le coperture a quattro falde, se si eccettua che i
primi due ebbero parzialmente murata la fronte sullo specchio d'acqua. Nel
corso del 1960, al centro del muro
di confine che collega il blocco dei tezoni a levante con il blocco
dei tezoni
a ponente, venne
realizzato il varco oggi esistente per permettere il
passaggio dei mezzi pubblici di trasporto. Quando
nel 1964 l’Arsenale cessò
definitivamente ogni attività industriale, due dei tre tezoni a
ponente
vennero utilizzati come rimessa comunale delle imbarcazioni da regata, mentre
quello a ridosso delle mura di confine fu destinato a parcheggio di
biciclette e poi inutilizzato. I
due tezoni
a levante
vennero invece abbandonanti e nel corso dei decenni le infiltrazioni d’acqua
piovana hanno infine causato il crollo delle coperture. Un successivo
restauro ha posto in sicurezza le strutture murarie ma non ha ancora dato
corso alla ricostruzione delle coperture (2008). |
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