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Nell’area compresa fra il prospetto nord delle sale de le armi e il tezon superstite della demolita fila dei tezoni bassi a l'isolotto, fiancheggiato a est dall'officina artiglieria, si trova oggi un edificio isolato, costruito in luogo di quello più antico che era abbellito nella fronte meridionale da un porticato interno con apertura a tre archi a tutto sesto, lato che ne costituiva la facciata principale, fedelmente ripresa dalle incisioni dell'epoca. All’interno era collocato il laboratorio e la sede per lo studio dell'artiglieria e l'officina dei fravi (fabbri) per l'artiglieria. Assieme allo stretto piazzale che si stendeva sul margine occidentale dell’edificio anzidetto, fino a lambire l’acqua della darsena nova, esso costituiva il nucleo del museo de l’artiglieria. La fondazione del
museo risale indirettamente al 18 luglio 1521,
giorno in cui il Senato decretò la fusione di tutte le
artiglierie in bronzo non più utilizzabili, purché si avesse riguardo di
salvare le più rimarchevoli, che vennero infatti accantonate. Le armi
risparmiate dalla distruzione furono poi esposte nel museo de l’artiglieria, che venne
ufficialmente istituito nel 1772 grazie all’interessamento del Sovrintendente
Ispettor General per l'Artiglieria in carica a quel tempo, Jacopo
Patisson. Il ricordo
dell’avvenimento fu affidato ad una lapide (oggi murata sull'officina artiglieria) che recita: TORMENTA BELLICA /
PARTIM LONGA AETATE DESVETA / PARTIUM AD POMPAM CONFLATA / NE EORUM FORMAN ET
ELEGANTIAM / POSTERI DESIDERARENT / S. C. / ANNO R. S. MDCCLXXII / JAC.
PATISSON ANGLO PUB. PYROTECHNIAE / PREAF. Tale iscrizione stava racchiusa
entro una ricchissima cornice in marmo, con decorazioni guerresche,
sormontata da un bassorilievo raffigurante una galea. Verso la fine del
XVIII secolo venne ordinato un analogo intervento, ma anche questa volta il Sovrintendente
Domenico Gasperoni, successore del Patisson, ottenne che fossero escluse
dalla fusione "le più stimabili artiglierie sia per la bellezza delle
forme che per la perfezione del lavoro e per il gusto mirabile degli
ornamenti". Lo spazio espositivo del museo de l’artiglieria era organizzato all’aperto, dove disposte in file ordinate, stese a terra oppure anche in piedi, appoggiate alla facciata occidentale dell'edificio, stavano un gran numero di canne di cannone di ogni calibro, mortai da bomba e colubrine, alcune di queste essendo armi memorabili, perché il loro getto era stato eseguito in occasione della visita di sovrani stranieri, o perché conquistate come bottino di guerra; oppure armi molto antiche che risalivano ai primi modelli sperimentati dall’ingegneria bellica. Di questa imponente raccolta delle artiglierie venete di ogni forma e misura, il Sovrintendente Domenico Gasperoni si preoccupò fortunatamente di raccoglierne con precisi disegni ogni calibro e figura. Dello stesso esistono anche alcune dettagliate incisioni che ritraggono il museo de l’artiglieria e anche il parco de le bombarde. Caduta la
Repubblica nel 1797, durante la prima occupazione francese (1797-1798)
la preziosa collezione venne totalmente depredata e le armi che la
componevano furono trasportate in Francia, dove vennero fuse senza alcun
riguardo della loro importanza storica. Durante la
seconda occupazione francese (1806-1814), nel corso del 1809 il
settore costituito dalla porta de
l'artiglieria,
il deposito de bale, granate e mitraglie, le sale de le armi, le sale
de l’artigleria,
l'officina artiglieria, l'officina dei fravi e il museo
de l'artiglieria,
assunse la denominazione di Arsenal de
terra
e venne completamente isolato dal resto del complesso industriale, dando vita
ad una organizzazione autonoma adibita alla produzione di artiglieria per uso
terrestre. L'accesso dall'interno avveniva solo attraverso la porta de l'artiglieria, mentre dall'esterno era
necessario percorrere tutta la calle de San Zuane in rielo, in contrada San
Piero de Castelo, dove venne
gettato un ponte in legno che scavalcando il rio
de San Gerolamo collegava
la calle ad una porta
ricavata nel 1809 sull'antico muro di cinta. Nel 1866, con
l'annessione del Veneto al Regno d'Italia, l'Arsenal de terra venne nuovamente congiunto alla
grande fabbrica, per essere impiegato nella fusione e deposito delle
artiglierie di piccolo calibro e delle armi portatili, nonché per il servizio
alle armi subacquee; l'ingresso dall'esterno venne murato e il ponte
demolito, ripristinando l'antico isolamento. Un collegamento diretto da
questo lato continuò tuttavia ad esistere, venendo però spostato nella zona
dell'tezoni alti a l’isolotto, tramite una
passerella (ancora oggi esistente) che passando sopra il rio de San
Gerolamo,
collega l'Arsenale con l'area dell'ex chiesa e convento di San Daniel, divenuta zona
militare con i decreti di soppressione napoleonici del 1806. Nel corso della
seconda occupazione austriaca (1814-1848) l'edificio venne convertito in sede
delle Cancellerie. Nel 1921 la bella cornice che conteneva
l’iscrizione in ricordo dell’istituzione del museo venne rimossa per essere collocata
esternamente sul muro di cinta in prossimità della porta da mar; al posto dell’iscrizione venne inserito
il leone di San Marco che a sua volta fu strappato dall'attico sovrastante la
porta de l'artiglieria. Ai nostri giorni
dell’antico edificio non è rimasta alcuna traccia. Al suo posto ne è stato
costruito uno nuovo che in seguito ha avuto un prolungamento della fabbrica
verso nord, mentre una parte rilevante dell’antica area all’aperto è stata
occupata da grande rifugio antiareo in calcestruzzo realizzato durante la
seconda guerra mondiale. Ciò è quanto rimane in ricordo del celebratissimo museo de l’artiglieria.
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