Schole Nathionali
Fu savio avvedimento del Governo veneziano lo accordare larghissima ospitalità ai mercadanti e artigiani di altri paesi, per allettarli a concorrere in gran numero, e con grandi ricchezze, in questa città (...) Si accomodavano gli stranieri con alberghi e fondachi separati, dove ciascuna nazione vivea secondo le proprie costumanze, esercitava il proprio culto (...) E da qualunque regione venissero, era permesso loro il congregarsi insieme separatamente.
Così scriveva negli anni cinquanta del XIX secolo Agostino Sagredo in riferimento alla presenza degli stranieri in Venezia. In effetti, fin dalle sue origini, la città lagunare è sempre stata un luogo dove le culture e le popolazioni più diverse venivano in contatto; assai numerose erano, dunque, anche nel tardo medioevo gli stranieri residenti nella città, che viveva anche grazie al continuo flusso di forestieri di passaggio o stabilitisi nel suo territorio.
Pure se è noto come anche le persone di origine straniera potessero liberamente entrare a far parte delle numerose Schole della città; molto più rilevante è il fatto che alcune comunità di stranieri, cattoliche e ortodosse, a cavallo fra il Tre e il Quattrocento, chiedessero ed ottenessero da parte delle autorità governative la licenza di riunirsi in confraternite loro proprie.
Si trattava di una possibilità particolarmente significativa per chi, immigrato e lontano dalla patria d'origine, in queste associazioni poteva trovare un'occasione di sicurezza e sostegno, per di più senza perdere il senso delle proprie origini.