Congiura

Marin Bocconio

La cronaca della Congiura.

 

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Il contesto storico e sociale.


Varie sono le opinioni sull’origine della congiura e sul suo vero scopo. In modo molto schematico, tra la fine del Duecento e gli inizi del Trecento, si agitava a Venezia una lotta tra le famiglie nobiliari.

Di qua stava la fazione “aristocratica”, capeggiata dalle dodici Casate dette “apostoliche” unite ad altre antiche famiglie ducali, che tentava di accentrare e limitare per sé il potere politico.

Nell’altro campo gli esponenti della fazione "popolare", guidata dai Casati dei Querini, Tiepolo e Badoer che appoggiavano, contro gli interessi del resto della classe patrizia, le istanze delle famiglie “arricchite”, divenute loro bacino di potere e clientela che, dopo aver sostenuto i nobili nella presa del potere contro il vecchio sistema monarchico-ducale, si vedevano ora costrette a cederlo nuovamente ai vecchi "proprietari".

In questo contesto, alcuni cronisti considerano la congiura la conseguenza della promulgazione della legge detta “Serrata del Mazor Consejo” attuata dal Dose Piero Gradenigo nel 1297, che di fatto aveva avviato il processo di esclusione di “famiglie nuove” dal Governo della Repubblica.

Non appena ebbe termine la guerra con i Genovesi, con la pace del 1299, le menti ritornarono a considerare nuovamente le pratiche conseguenze della legge sulla “Serrata” ed il rancore mai sopito sfociò nell’organizzazione di una congiura che avrebbe dovuto rovesciare il nuovo ordine di cose.

 

La congiura.


Si pose alla testa della cospirazione il nobilomo Marin Bocconio, o Bocco, uomo audace e facinoroso, avente un grande seguito fra il popolo grazie alle ricchezze familiari, ma non però sufficientemente accorto nella preparazione del piano.

All’interno di una chiesa egli fu infatti udito conversare con alcuni dei suoi sul suo nefasto progetto e segnalato immediatamente il tutto al Governo, fu posto sotto stretta sorveglianza. Quando divenne chiaro il disegno, ossia entrare con i suoi accoliti segretamente armato in Mzor Consejo e qui sterminare i componenti della fazione “aristocratica”, il gruppo fu accortamente lasciato entrare e quindi immediatamente circondato dalle guardie e disarmato.

Imprigionato, il Bocconio fu subito processato assieme a Girolamo Sabadin, Alessandro Da Buora, Carlo Rigin, Saba Zordan, Donando Ziera, Zuane Rosso, Dario Zuccol, Pietro Erizzo, Marco Guzoni, Zamaria Dolce. Tutti furono riconosciuti colpevoli e condannati all’impiccagione fra le due colonne in piazzetta San Marco.

Altri quarantadue fiancheggiatori, tra i quali Alvise Tron, Zorzi Malipiero, Alban Polani, Paolo Miani, saputa fallita la rivolta, si diedero immediatamente alla fuga e vennero poi banditi in perpetuo dalla città.