ti xe rivà in: caxa > fonteghi, granéri & depositi |
Fontico deriva direttamente dall'etimo arabo funduq (e significa: modesta dimora o locanda a pianterreno), divenuto nel dialetto veneziano: fontego.
Affacciati lungo il Canalasso si riconoscono oggi due dei tre fonteghi nazionali anticamente esistenti: i primi due sono il fontego dei Todeschi e il fontego dei Turchi mentre il terzo, il fontego dei Persiani, è stato completamente rimaneggiato e sorgeva oltre il rio, accanto a quello dei Todeschi. I tre fonteghi nazionali si caratterizzano principalmente per la forte rassomiglianza con lo stesso tipo di costruzione che, viceversa, veniva dato in uso alle colonie dei mercanti veneziani nei Paesi d'oltremare. A Venezia i fonteghi erano utilizzati da una popolazione in continuo ricambio, avente interessi prevalentemente commerciali, così che l'uso residenziale era puramente temporaneo ed utilitaristico. Ciò nonostante, il lungo periodo di presenza di quelle comunità in Venezia assegnarono ai fonteghi anche un ruolo di importante rappresentanza, sottolineato appunto dalla posizione ad essi assegnata sulla principale via d'acqua della città.
I fonteghi pubblici erano quattro: il fontego de la farina e il fontego del curame (cuoio e pelli) in Contrada San Silvestro, il fontegheto de la farina in Contrada San Moisè, il fontegheto de l'acqua vita una volta esistente in Contrada San Severo e poi demolito.
I granéri publici erano in origine due: il grande edificio dei granai publici a Terranova in Contrada San Zeminian (demolito nell'800 per far posto agli attuali giardinetti reali) e gli imponenti granai publici in Contrada San Biasio. Il deposito del megio (granaglie e miglio) era uno solo, ed ancora sussiste in Contrada San Stae.
Buon ultimo, il grande magazen del sal arrivato ai nostri giorni ed ancora visibile in Contrada San Gregorio, mentre invece altri magazeni del sal poco distanti dai primi furono completamente demoliti in occasione della costruzione della chiesa della Salute.