organi costituzionali

Repubblica Serenissima

Consejo dei Diese

RITO GIUDIZIARIO

 

la denuncia segreta.

l'inquisizione generale.

l'inquisizione speciale.

l'arresto dell'inquisito.

l'interrogatorio.

l'uso della tortura.

la sentenza.

il ricorso e l'appello.

la concessione della grazia.

 

La denuncia segreta.

Generalmente l’istruzione di un processo aveva origine dal ricevimento di una denuncia scritta, depositata in una delle cosiddette boche de leon disseminate per la città, oppure inviata per posta dai luoghi sudditi. L’accoglimento od il rigetto (e quindi la distruzione) della stessa procedeva secondo alcune rigorosissime formalità, tali per cui il Consiglio si attivava solo se la denuncia rivestisse un interesse di particolare rilevanza pubblica, venendo quasi sempre scartata quella relativa a fatti privati.

Nel caso in cui la denuncia fosse anonima, perché essa potesse essere accolta occorreva che i Consiglieri ducali e i Capi dei Diese riconoscessero prima  formalmente che in essa si faceva riferimento a questioni di preminente interesse pubblico (quali, ad esempio, frode sui ballottaggi, certe casistiche di delitti, denuncie contro bravi e vagabondi). Questa prima disamina andava successivamente approvata anche dal Consiglio, che a voto segreto doveva raggiungere la maggioranza di 5\6.

Ammessa la denuncia, il Consiglio passava a decidere se fosse il caso di dare inizio all'istruttoria. Anche questa fase era sottoposta al voto segreto e la decisione si considerava assunta se raggiunta la maggioranza dei 4\5; solo allora il segretario provvedeva a trascrivere il testo della denuncia nel verbale, atto che apriva ufficialmente la fase istruttoria.

Qualora la denuncia fosse firmata, la procedura si semplificava notevolmente, restando obbligatorio il parere favorevole dei 4/5 del Consiglio per dare inizio all'istruttoria.

Per la stessa denuncia poteva essere proposto il ballottaggio per avviare l'istruzione del processo fino ad un massimo di cinque volte, qualora non venisse raggiunta la maggioranza prescritta, lo scritto veniva bruciato oppure, se del caso, trasmesso ad altre magistrature per competenza.

 

L'inquisizione generale.

L'istruzione del processo aveva inizio attraverso una inquisizione generale sul sospettato, che veniva espletata a sua insaputa dai due Inquisidori dei Diese i quali, con ristretti poteri, si attivavano per raccogliere nel massimo segreto le prove sugli effettivi fondamenti della denuncia. L'istruttoria doveva procedere con ordine e sollecitudine e, una volta terminata, gli Inquisidori ne presentavano al Consiglio le risultanze, potendo allegare anche un verbale con le loro osservazioni.

La valutazione delle prove avveniva attraverso la discussione collegiale ed infine con il voto segreto veniva deciso se l'istruttoria fosse da considerarsi esaurita in quanto inconsistente, oppure se era opportuno passare alla fase successiva detta della inquisizione speciale.

Di norma quando l'unica prova a disposizione era costituita dal contenuto della denuncia, il sospettato non veniva arrestato, anche perchè la delazione, anonima o firmata, fu sempre considerata una presunzione di reato alquanto incerta. D'altro canto, in questa fase colui sul quale i Diese stavano investigando era totalmente inconsapevole e quindi, presumibilmente, se colpevole egli avrebbe continuato a delinquere aggravando la sua posizione, mentre se incolpevole, non si sarebbe accorto di nulla.

 

L'inquisizione speciale.

Se dall'inquisizione generale erano scaturiti elementi di colpevolezza ma reputati non gravi, la legge prevedeva che la conduzione della fase successiva, detta inquisizione speciale, fosse affidata ai Capi dei Diese. Per quei casi che invece allarmavano per la loro gravità, si procedeva innanzitutto nominando un Collegio speciale, composto da quattro membri, che rifletteva al suo interno la stessa composizione del Consejo dei Diese:

  • un Capo dei Diese,

  • un Consiglier ducal,

  • un Avogador de Comun,

  • un Inquisidor dei Diese.

Generalmente presiedeva i lavori del Collegio il Capo dei Diese, salvo che nei casi in cui il reato fosse di falsificazione di atti oppure di alterazione della moneta, in questo caso la presidenza spettava, per legge, all'Avogador. Le riduzioni erano convocate dal presidente, obbligato anche a far sì che l’istruttoria si concludesse, come prescriveva la legge, non oltre il termine massimo di due mesi, sotto pena di multe ed altro. A garanzia di eventuali sconfinamenti o di abusi d’autorità, qualunque atto da intraprendersi relativo all’attività investigativa del Collegio speciale doveva essere prima sottoposto all’autorizzazione dei Diese.

A questo proposito, sempre particolarmente attento fu il Consiglio quando si trattò di autorizzare il permesso di perquisizione domiciliare, gravi erano infatti le conseguenze cui andavano incontro i Consiglieri nel caso in si fosse violata la dimora di un privato sulla base di futili indizi.

Secondo le cronache, il primo Collegio speciale venne istituito nel corso del 1327; tuttavia nel 1502 si volle istituito un ulteriore consesso, rinnovato poi di mese in mese, che ebbe titolo di Collegio straordinario e la cui competenza venne estesa a quelle inquisizioni che per la scarsa gravità dei reati ipotizzati non si ritenne dovessero aggravare l'attività del Collegio speciale.

 

L'arresto dell'inquisito.

Se l'inquisizione speciale confermava ciò che era stato supposto durante la fase dell'inquisizione generale, normalmente il Consiglio autorizzava l'immediato arresto dell'inquisito.

Per casi accertati di sodomia, ai Capi era consentito di poter ordinare l'arresto del reo anche in assenza della prescritta autorizzazione dei Diese, restando però obbligati a sottoporre il loro operato al giudizio del Consiglio nel corso della prima riunione utile.

Nei casi urgenti, quando ad esempio si temeva l'imminente fuga dell'inquisito e non vi era tempo di riunire il Consiglio, i Capi dovevano richiedere alla Signoria l'autorizzazione per l'arresto che s'intendeva accordato se votavano favorevolmente quattro dei sei Consiglieri ducali e due dei tre Capi de la Quarantia al Criminal.

Gli ordini d'arresto, così come i proclami che invitavano il reo a costituirsi, erano approvati a maggioranza semplice e non fu mai fissato un termine massimo del numero dei ballottaggi a cui era possibile ricorrere per raggiungere la maggioranza. Era però consuetudine che se il quorum non arrivava entro poche ripetizioni del voto, tutto era lasciato cadere e si passava ad esaminare altre pratiche.

Una volta che era stato eseguito l'arresto, entro il periodo massimo di tre giorni, i Diese dovevano vagliare il caso e non riuscendo a riunirsi, allo scadere del termine l’arrestato doveva essere posto in libertà. Per trattenere ulteriormente in carcere una persona, occorreva il voto unanime dei Consiglieri ducali ma soprattutto delle fondate ragioni e solide prove.

 

L'interrogatorio.

Il rito dell’inquisizione speciale prevedeva che un segretario od un notaio, dopo il testo della denuncia e le risultanze dell'inquisizione generale, verbalizzassero anche gli esiti dell'istruttoria dopo l'inquisizione speciale: i capi d'accusa, gli eventuali testi a difesa, le testimonianze degli informatori.

All'imputato venivano di norma comunicate con estrema precisione quali fossero le risultanze a suo carico, ma non veniva mai messo a confronto diretto con i suoi accusatori, i quali rimanevano per tutta la procedura sempre segreti.

Gli interrogatori del sospetto si svolgevano di preferenza verso l'imbrunire, ritenendo tale atmosfera più favorevole per ottenere la verità, tuttavia l'imputato poteva anche chiedere di essere interrogato alla luce del giorno e non di rado ciò era acconsentito.

L'accusato poteva anche difendersi dalle accuse che gli venivano mosse, ma solo a viva voce e parlando direttamente ai suoi giudici. Il rito giudiziario utilizzato dai Diese non prevedeva infatti che a sostegno dell'imputato potessero essere presenti avvocati difensori.

L'unico ufficio previsto era quello svolto dagli Avvocati dei Prigionieri, i quali però in questo caso ed in questo rito ebbero il solo compito di perorare innanzi ai Diese le suppliche per conto degli imputati.

 

L'uso della tortura.

Nel momento in cui autorizzava il Collegio speciale all'utilizzo del proprio rito inquisitorio, generalmente il Consiglio stabiliva anche se lo stesso potesse procedere oppure no con l'uso della tortura, ovvero l'impiego di altri mezzi coercitivi in base alla discrezione del Collegio.

A volte poteva succedere che l'autorizzazione, inizialmente non prevista, venisse poi concessa al risultare di nuovi fatti; nella pratica usuale però si evitava volentieri l'uso di questo mezzo penoso, impiegato solamente quando i giudici già avevano raccolto elementi sufficienti per presupporre la colpevolezza.

In ogni caso, prima di tutto si interpellava il medico, per conoscere se l'accusato fosse in grado di sopportare i tormenti, quindi si procedeva facendo bene attenzione che non sorgesse il dubbio di confessioni rilasciate dall'imputato al solo fine di evitare il dolore.

Nel clima del tempo, il Consiglio fu sempre estremamente cauto nell’autorizzare l'uso di un sistema così barbaro e ripugnante alla loro coscienza di uomini liberi, e a questo proposito va certamente ricordato che la Repubblica abbandonò definitivamente l'uso della tortura nei procedimenti penali molto prima che Cesare Beccaria ne facesse oggetto di discussione nella sua opera "Dei delitti e delle Pene".

 

La sentenza e la sua pubblicazione.

Portata a compimento, nei termini di tempo previsti, l'inquisizione speciale, il Collegio presentava gli atti in Consiglio, dove avveniva la lettura integrale di tutte le carte del processo e dove venivano dipanati gli eventuali dubbi di legittimità che fossero sorti nel corso dell'istruttoria.

Se nella procedura dell'inquisizione speciale il Consiglio ravvisava delle mancanze o delle irregolarità, dopo aver severamente ammonito i componenti del Collegio, si esigeva un supplemento d'indagini. Qualora invece tutto si fosse svolto secondo le leggi, iniziava la discussione generale sul caso, alla quale tutti i presenti potevano partecipare, con ampia libertà di parola. Concluso il dibattito, si procedeva con il voto: se prevalevano i sì, il processo doveva essere portato a termine fino alla sentenza, se invece prevalevano il no, il processo si dichiarava chiuso e l'accusato immediatamente liberato.

Se dunque la maggioranza era favorevole a proseguire, si passava ad approfondire ulteriormente l'oggetto del processo, ma da questa fase finale venivano esclusi tutti coloro che avessero rapporti, anche labili, con l'imputato e anche colui che nel Consiglio fosse stato l'eventuale denunciatore.

Dichiarata esaurita anche questa discussione, gli atti venivano tutti riletti a cura di un segretario. Era consuetudine che una volta che fosse iniziata, la lettura non poteva più essere sospesa o rimandata ad un altro giorno, poiché si stimava che ciò avrebbe potuto nuocere ad una giusta valutazione dei fatti. Chiunque non avesse ascoltato la lettura dall'inizio e fino alla fine, fosse anche il Dose, veniva categoricamente escluso dal voto finale.

Conclusasi l'esposizione, il rito prevedeva che l'Avogador de Comun si levasse in piedi per formulare di fronte al Consiglio la frase seguente:

 

Se dopo quanto fu letto vi pare che  (nome dell’accusato)  siasi a condannare.

 

Il Consiglio procedeva per il sì oppure per il no a voto segreto; in caso la maggioranza si ritrovasse favorevole alla condanna, ciascuno dei presenti poteva allora formulare una propria proposta di condanna, ma seguendo questo ordine:

  • primo fra tutti l'Avogador, rappresentante della legge;

  • quindi, in ordine di dignità ed età, i Capi ed i Consiglieri ducali;

  • ultimo veniva il Dose, la cui proposta per consuetudine era sempre votata a maggior clemenza di quelle degli altri membri.

Ogni proposta veniva successivamente sottoposta ai voti (escluso l'Avogador che poteva solo por Parte) e contro ciascuna era concesso di poter avanzarne una più mite. Anche in questo caso, se avevano luogo cinque ballottaggi senza che si arrivasse ad avere in favore di una delle proposte di pena almeno la metà più uno dei voti, il caso si considerava chiuso e  l'accusato veniva prosciolto e rimesso in libertà. Nel caso in cui l'incertezza dei giudici nel voto fosse dichiaratamente dovuta a deficienze riscontrate nelle procedure d'inquisizione oppure, in caso d'appello, nella cattiva istruzione del processo di primo grado, l'imputato veniva trattenuto in carcere ed il processo riformato.

Quando una proposta otteneva la maggioranza semplice dei voti, essa veniva posta in ballottaggio ancora per quattro volte e solo se tutti i nuovi ballottaggi davano un risultato conforme alla decisione iniziale, la sentenza era stata raggiunta. La proposta veniva quindi redatta nella forma tecnica della Parte, atto legale indifferentemente usato sia per presentare un progetto di legge, sia per pubblicare un atto giudiziario.

Mentre la Parte veniva ufficialmente notificata al condannato dall'Avogador de Comun, a sua volta accompagnato da uno dei Diese, i notai annotavano diligentemente il testo nelle Raspe del Consiglio (specie di registri usati a mò di rubrica). In seguito la sentenza veniva resa pubblica nella prima seduta utile del Mazor Consejo e mediante l'affissione nei luoghi pubblici a ciò usualmente deputati, quindi in Piazza San Marco e a Rialto.

 

Il ricorso e l'appello.

Le sentenze del Consiglio avevano di norma valore di inappellabilità, e la stessa severa fermezza era applicata quando a pronunciarsi fossero i Rettori veneziani in cause criminali nelle quali il Consiglio avesse loro delegato l’uso del proprio rito giudiziale.

Solo dopo che erano trascorsi quasi sempre molti anni, era possibile chiedere una sorta di revisione del processo, tecnicamente conosciuta come realdizione, incentrata però più sull’eventuale illegittimità della forma, piuttosto che sul merito del giudizio. Nel caso in cui l'illegittimità fosse stata accertata, l'ammissione dell'errore diventava ufficiale solo dopo il parere favorevole del Consiglio in carica in quel momento, che vi provvedeva a voto segreto e comunque nel rispetto delle eventuali strettezze previste.

La possibilità di poter inoltrare la richiesta di revisione del processo, come si comprende questione ben diversa dall'appello, va qui considerata anche nell'aspetto della continua rotazione dei nobilomeni che erano chiamati a sostenere l’incarico di Consigliere dei Diese, per modo che la revisione veniva affrontata dal medesimo organo che aveva emesso la sentenza, ma costituito da membri completamente diversi.

 

La concessione della grazia.

Di norma la grazia poteva essere concessa solo a coloro che si erano resi colpevoli di crimini per cui la pena non fosse superiore alla condanna al bando o al confino.

Esisteva inoltre una separazione abbastanza netta tra coloro che erano stati condannati al bando in seguito ad una sentenza del Consejo dei Diese e chi fosse però stato condannato alla stessa pena da qualunque altro Consiglio o magistratura.

Per le sentenze del Consiglio dei Dieci, la grazia si poteva ottenere solo sotto uno speciale regime di strettezza, che prevedeva prima il consenso del Senato e quindi l’approvazione dei Diese i quali però, deferenti al Senato, quasi mai ebbero ad opporvisi.

Per la sentenza di bando emessa da altri Consigli o magistrature la proposta di grazia doveva essere prima approvata in Pien Collegio ed in seguito confermata in Senato.

 


 

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