organi costituzionali

Repubblica Serenissima

Mazor Consejo

DOPO LA "SERRATA"

 

le condizioni di ammissibilità.

"metter vesta", il sorteggio nel giorno di Santa Barbara.

le norme sullo stato civile dei nobili veneziani.

l'assorbimento di "zente nova": la condizione femminile.

gli organi di giudizio delle prove di nobiltà.

 

Le condizioni di ammissibilità.

Come si è visto nelle sezioni precedenti, la Parte con la quale venne promulgata la serrata del Mazor Consejo prevedeva, tra le altre disposizioni, anche l’istituzione di due distinte categorie per quanto riguardava gli aventi diritto all'ammissione in assemblea:

  • tutti coloro che vi avevano avuto ingresso negli ultimi quattro anni,

  •  tutti coloro che superavano il giudizio di ammissibilità espresso dai tre grandi elettori.

In linea teorica, l’estrema rigidità del dispositivo non avrebbe potuto consentire alcuna deroga. Tuttavia vuoi per errore umano,  ma più spesso per la forza dell'intrigo, nel corso degli anni che immediatamente seguirono la serrata accadde ancora che zente nova (nobili ma senza i requisiti) riuscisse ad essere ammessa in Consiglio, tralasciando il superamento del ballottaggio della Quarantia.

Il generale malumore del patriziato, sfociò presto nell’approvazione di alcuni aggiustamenti della riforma; così che nel corso del 1315 si volle istituito un pubblico registro, custodito e compilato a cura della Quarantia, dove venivano scrupolosamente annotati i nomi di tutti coloro che potevano vantare il superamento dei requisiti previsti per partecipare ai lavori del Mazor Consejo.

Purtroppo però, né il registro e nemmeno l'opera diligente dell’autorevole organo preposto alla sua compilazione riuscirono ad aver ragione dell’odiosa infiltrazione, che proseguì addirittura con l'aggregazione di bastardi (non nobili). Nel 1316 venne pertanto imposto il pagamento di una forte pena pecuniaria a tutti coloro che si avessero fatto iscrivere illegalmente, concedendo un solo mese di tempo per farsi cancellare; alla pena pecuniaria si aggiunse in seguito anche l'inquisizione penale, incoraggiando le denunce segrete.

Ancora nel 1319 si richiamarono in modo tassativo gli Avogadori de Comun al loro compito di placitare pubblicamente chi ancora in questa data non si fosse fatto cancellare, nonché di promuovere l'inquisizione sopra tutti i sospetti.

Mentre dunque si venivano studiando tutte le opportune contromisure per evitare l'illegale accrescimento dei membri di diritto, in questo periodo l'ufficio che aveva sin qui funzionato da filtro per l'ammissione in assemblea di uomini di provata fedeltà alla ragion di stato aristocratica, seppure privi dei requisiti, cioè i tre grandi elettori, venne formalmente abolito.

Da questo momento in poi l'ammissione in Mazor Consejo di nuovi membri potè unicamente avvenire attraverso i giovani patrizi, a mano a mano che essi raggiungevano l'età legale di 25 anni, oppure grazie al fortunato sorteggio nel giorno di Santa Barbara.

 

"Metter vesta", il sorteggio nel giorno di Santa Barbara.

Dopo la promulgazione della Parte detta della serrata l'unica possibilità per il patrizio veneziano di poter accedere legalmente al Mazor Consejo consisteva nell'attendere il raggiungimento della maggiore età (25 anni), oppure risultando il fortunato estratto entro il gruppo dei trenta giovani patrizi, che venivano annualmente sorteggiati per poter entrare in consiglio a soli 20 anni, acquisendo il diritto di poter partecipare ai lavori dell'assemblea, seppure per i due anni successivi alla loro prematura ammissione non potessero esercitare la sovranità.

Nel caso in cui avesse intenzione di partecipare all’estrazione, il giovane patrizio doveva ritirare presso l'Avogaria il suo bollettino (certificato di nascita), documento che veniva rilasciato esclusivamente da questa magistratura sotto giuramento del padre, o della madre oppure dei parenti più prossimi.

Con le stesse modalità il documento andava comunque ritirato entro il compimento del 25° anno d'età, pena l'esclusione dal Mazor Consejo o almeno, per chi scordasse di ritirare il bollettino, era in seguito necessario ricorrere al giudizio del Colleggietto, previa deposito dell'istruttoria da parte degli Avogadori.

In ogni caso, sia che l'aggregazione avvenisse regolarmente a 25 anni, sia che la fortuna lo avesse aiutato a 20, le famiglie patrizie non perdevano mai l'occasione per organizzare grandi feste, per celebrare pubblicamente il momento solenne che vedeva i propri rampolli fare il debutto ufficiale nella vita pubblica. L’occasione era infatti quanto mai propizia per tessere nuove alleanze con altre famiglie più potenti od anche per confermare nuovamente e platealmente la fedeltà al patriarca di quella che fungeva da capo-gruppo.

Non di rado era proprio il decano che accompagnava il nuovo gentilomo nella cerimonia di iniziazione che era detta del metter vesta (dalla comune veste nera che era obbligatorio indossare durante le riduzioni) o talvolta anche 'ndar in piazza.

Va ricordato infine che, quale comprensibile atto di autotutela, una Parte del 1582 introdusse la strettezza che assegnava all'esclusiva competenza del Mazor Consejo la facoltà di poter variare la ragione del decreto sull'anticipata ammissibilità dei giovani patrizi.

 

Le norme sullo stato civile dei nobili veneziani.

Una Parte approvata nel 1458 provvide a garantire con maggior rigore la certezza delle annotazioni relative allo stato civile dei patrizi. Vennero infatti istituiti i registri giurati che segnarono un ulteriore passo verso un più stretto controllo in merito alla veridicità della discendenza di chiunque si professasse nobilomo.

Quando ad un nobilomo nasceva un figlio legittimo, egli stesso oppure anche la madre od anche i due parenti più prossimi, entro il termine massimo di otto giorni dovevano notificare l'avvenuta nascita agli Avogadori de Comun, innanzi ai quali, sotto giuramento, essi dovevano specificare:

  • la data di nascita,

  • la legittimità della nascita,

  • il nome del neonato,

  • i nomi dei genitori,

  • i nomi dei mallevadori del giuramento.

Se la nascita avveniva fuori Venezia, la notifica doveva essere fatta dal padre o dalla madre o dai parenti più prossimi, entro otto giorni dal loro rientro in città.

Se compiuto fuori della capitale, i piovani che avevano officiato il battesimo erano obbligati a notificare l'atto entro lo stesso termine e sempre all'Avogaria. Il termine si riduceva però da otto a tre giorni se il battesimo fosse stato officiato in Venezia.


Con riguardo invece alle disposizioni che regolavano i matrimoni civili fra nobili, dopo varie vicissitudini, una Parte emanata dal Consejo dei Diese nel 1526, disciplinò in modo pressoché definitivo questo delicatissimo aspetto della vita del patriziato. Secondo il disposto, ciascun nobile era tenuto a notificare, agli Avogadori de Comun, il proprio contratto di nozze entro un mese dalla sua celebrazione, senza che particolare importanza venisse data al grado sociale od alla condizione della moglie.

Sulla fede di due parenti del marito e di due parenti della moglie, era annotato il matrimonio su di apposito registro, controfirmato dai tre Avogadori; con alcune eccezioni:

  • se già un mese era trascorso, occorreva anche il parere del Colleggietto;

  • se il matrimonio era stato contratto fuori di Venezia, i coniugi erano obbligati a denunciarlo anche presso il Rettore veneziano competente, il quale provvedeva poi a trasmetterlo a Venezia; quindi entro un mese dal loro ritorno nella capitale, i coniugi dovevano badare a notificarlo nuovamente per proprio conto.

L'eventuale inosservanza di norme così scrupolose provocava, prima di tutto, la dichiarazione di nullità civile del matrimonio, con la conseguenza che, alla loro nascita, i figli erano automaticamente esclusi dall'esame di nobiltà.

Come sempre però, vigilando in continuazione sulla bontà degli effetti dei provvedimenti emanati, con decreti susseguenti al primo, il Consejo dei Diese perfezionò ulteriormente la possibilità di prevenire l'insorgere di ogni possibile abuso:

  • riguardo alla notifica, nel 1550 si prescrisse che i due testimoni scelti quali garanti della legittimità del neonato, fossero almeno parenti di 2° grado, l'uno per il padre, l'altro per la madre;

  • venne eliminata la possibilità per la madre di poter eseguire da sola la notifica dei figli nati, salvo però il caso in cui il padre fosse assente da Venezia e per motivi che andavano comunque dettagliati e che venivano attentamente vagliati. In questo caso il permesso per poter registrare la nascita doveva essere accordato dal Colleggietto, deliberante con maggioranza di almeno sei voti, e ricevutone il concorde parere degli Avogadori de Comun.

L'assorbimento di "zente nova": la condizione femminile.

Ciò che era giustamente parso pericoloso se attuabile nella forma diretta ed immediata della grazia, oppure duramente osteggiata se ottenuta attraverso l'intrigo, non allarmò mai (anzi sembrò sempre utile ed assai desiderabile) quando l'entrata di zente nova si attuava per via di parentado.

Le vecchie famiglie patrizie erano infatti sempre ben disposte ad accogliere nel loro casato le figlie dei ricchi mercanti borghesi le quali, oltre a portare seco sostanziose doti che spesso rimpinguavano casse nobili quanto mai vuote, nella borghesia da cui provenivano esse conservavano affetti ed aderenze.

Avveniva perciò che questi matrimoni, in nessun modo ostacolati, fossero tutt'altro che rari e molteplici i benefici che ne derivavano. Se infatti il figlio diretto e legittimo del borghese generalmente non aveva alcuna possibilità di essere ammesso in Mazor Consejo, la figlia del borghese data in sposa ad un nobile provato, generava un figlio che giunto all'età legale accedeva di diritto in consiglio sovrano, fatte salve naturalmente le prescrizioni di legge.

Poiché nessun ostacolo insuperabile (che non fosse la capacità personale e l'intraprendenza) divideva poi la borghesia dalle classi popolari, da ciò s'intuisce la notevole elasticità che permeava le classi sociali della Repubblica.

Nei matrimoni fra nobili, la gentildonna rappresentava il fulcro della varietà sociale all’interno dello stesso blocco di potere. Se il matrimonio era considerato vantaggiosi dal ceti nobiliare inferiore perché portava con sè sia il denaro della dote ma anche la parentela con un ceto patrizio più alto, altrettanto utile era generalmente ritenuto dalla parte più ricca delle famiglie aristocratiche, che trovandosi a dare in sposa la proprie figlie, quando possibile sceglievano di buon grado un partito proveniente da famiglie di rango inferiore, che consolidavano le alleanze e necessitavano di minori spese per gli sponsali. 


La materia iniziò a ricevere un concreto ordinamento intorno al 1376, quando si esclusero dall'appartenenza al  Mazor Consejo quanti non fossero nati da nozze legittime. Nel corso del 1422 vennero esclusi quanti fossero nati da unioni legittime ma la cui madre avesse però origini meccaniche (di lavoro manuale) o comunque di bassa condizione sociale.

Queste due norme furono espressamente confermate ancora nel 1526 dal Consejo dei Diese e quindi meglio precisate dal Senato nel 1589 e nel 1590, quando questi decretò di non doversi considerare nobili i figli di donne, pure se di nascita legittima, ma il cui padre o avo avessero esercitato arte meccanica o manuale, oppure fossero stati notati d'infamia.

Al contrario invece, le donne non nate da legittimo matrimonio ma fin dalla nascita affidate a famiglie patrizie che ne avessero curato l'educazione, non avevano per questo alcuna garanzia ma buone possibilità che il loro matrimonio venisse legittimato prima dagli Avogadori e poi dal Collegio solenne, col rito usuale.

Allo stesso modo venne regolamentato anche il caso di figlie legittime di genitori non nobili, imponendo però la condizione che quest'ultimi non avessero mai esercitato attività di lavoro manuale; anche queste donne risultavano comunque inidonee a procreare figli nobili se il loro avo fosse stato notato d'infamia.

Nel 1605, su proposta elaborata dal Consejo dei Diese, il Mazor Consejo ordinò che tutte le notifiche fatte agli Avogadori de Comun delle prove prescritte per la legale registrazione di nozze tra marito patrizio e moglie di nascita non nobile o di nascita nobile ma illegittima, fossero compiute prima (non dopo) la celebrazione delle stesse, sotto pena di non venire in seguito più accettate.

Questa legge, confermata nuovamente dal Mazor Consejo nel corso del 1677, venne parzialmente modificata inserendo alcune eccezioni che andavano verificate al momento opportuno dal Colleggietto.

Nel 1703, il Mazor Consejo intervenne nuovamente in materia aggravando le disposizioni e i requisiti che erano richiesti alle donne non nobili perché avessero riconosciuta la possibilità di procreare figli nobili:

  • non solo il padre della moglie, ma anche la madre ed il suo avo non dovevano mai aver esercitato attività manuali;

  •  nè l'avo nè il padre della madre dovevano mai essere stati notati   d'infamia.

 

Gli organi di giudizio delle prove di nobiltà.

La delicatissima facoltà di pronunciarsi sulle prove di nobiltà era stato assegnato dal 1323 alla Signoria, compito che la stessa espletava mediante la celebrazione di regolari processi, istruiti dagli Avogadori de Comun.

Tuttavia, perfettamente in linea con la tradizionale diffidenza dei politici veneziani, il numero dei componenti della Signoria apparve presto troppo ristretto perché potesse essere anche garantita a sufficienza la consueta avversione antioligarchica, per questo motivo, a partire dal 1421, si volle istituito un più consono Collegio solenne, composto da:

  • la Signoria,

  • i Provedadori de Comun,

  • i Provedadori a le Biave,

  • gli Ufficiali a le Rason Vecie, in mancanza dei quali potevano supplire, nell’ordine, gli Ufficiali al Cattaver, gli Ufficiali a le Rason Nove, gli Auditori Veci, gli Auditori Novi, i Giudici della Curia de Petizion.

  • Più tardi, al Collegio solenne si vollero aggregati anche i tre Avogadori in carica, più una zonta composta da altri tre e fino a sei Avogadori già scaduti; tutti aventi il diritto di voto.

Il numero legale per deliberare fu fissato in diciannove membri, però con strettezza che richiedeva la presenza, al momento del voto, di una maggioranza qualificata composta da non meno dei 3\4 del numero dei consiglieri assegnati.

Competeva al Collegio solenne custodire i registri di nobiltà, che ricordiamo erano però materialmente compilati ed aggiornati a cura degli Avogadori.


Per quanto riguardava il limite di tempo per fornire prove relative alla propria presunta nobiltà, una legge del 1458, fece obbligo a chiunque volesse vedere riconosciuta la propria origine patrizia, di presentare entro cinque anni tutti i documenti atti a dimostrarlo, dopo di che, decorso il termine, qualsiasi altro titolo veniva irrimediabilmente considerato prescritto e parimenti vietato ogni ricorso.

Per una forma di rispetto alla numerosa colonia veneziana presente nell’isola di Candia (Creta), fu concessa una speciale proroga di due anni.

Esaurita in questo modo la questione riguardante i quarti di nobiltà più o meno presunti, al Mazor Consejo, sempre per il tramite del Collegio solenne, rimase quindi da verificare tutti quei casi in cui i discendenti di nobili provati, non essendo però di padre approvato o anche di padre approvato ma non in regola con i requisiti di legge, giunti all'età legale chiedevano a loro volta il riconoscimento della loro condizione patrizia.

Dapprima, un'indulgente interpretazione della già citata legge del 1458, permise molto spesso agli Avogadori de Comun di esprimersi positivamente riguardo a queste richieste, in seguito tuttavia la legge venne inasprita, stabilendo che l’eventuale parere affermativo dell'Avogaria doveva avere trovato l’assenso anche dalla Signoria, la quale intervenendo in queste occasioni assumeva il ruolo di un collegio speciale, denominato dapprima Collegio Minore ma spesso anche più semplicemente Colleggietto.

A sua volta il Colleggietto era composto praticamente dallo stesso numero di membri che era previsto per la legale adunanza della Signoria e cioè:

  •  il Dose,

  • almeno quattro Consiglieri ducali,

  • almeno due Capi della Quarantia al Criminal.

Per snellire le procedure, fu decretato che il Colleggietto si potesse riunire anche senza la presenza del Dose, ma in questo caso si rese allora obbligatoria la presenza di tutti e sei Consiglieri ducali e dei tre Capi della Quarantia.

Ogni atto assunto dal Colleggietto era considerato legale se avveniva con la maggioranza dei 2\3 di voti, al ricorrente spettava tuttavia presentare preventivamente:

  • fede di battesimo (il bollettino),

  • la supplica accettata e firmata dai tre Avogadori,

  • la presenza di almeno quattro testimoni.

Anche in questo caso, come d’altronde in tutte le materie aventi per oggetto un affare di Stato, non tardò a verificarsi il puntuale intervento del Consejo dei Diese, il quale in merito deliberò:

  • una volta terminata la fase istruttoria degli esami di nobiltà, dopo che gli atti erano stati vagliati dagli Avogadori e da questi trasmessi al Collegio Solenne, non era più possibile presentare altri elementi di prova;

  • agli Avogadori era concessa facoltà d'inquisizione sui documenti o sui testimoni che fossero sospettati di falso. Una volta che avessero istruito il processo, gli atti andavano senz’altro trasmessi ai Capi del Consejo dei Diese, i quali pronunciavano la loro sentenza in Collegio solenne.

Con decreto del 1550, il Consejo dei Diese disciplinò ulteriormente l'ammissione delle prove in fase istruttoria: se queste erano in seguito presentate da un solo Avogador all'esame del Collegio solenne, stava a significare che implicitamente si certificava l'ammissione di nobiltà.

Più tardi però, una modificazione introdotta per evitare che ad un unico Avogador venisse assegnata tutta la responsabilità della decisione, stabilì che i tre Avogadori riuniti dovessero esprimere ciascuno il proprio consenso ed il disaccordo eventualmente sorto, doveva essere risolto dal Colleggietto.

In questa sede, l’Avogador dissenziente difendeva, sotto giuramento, la propria opinione sul caso, quindi il Colleggietto deliberava col solito quorum di voti e se la maggioranza non era raggiunta, il ricorso si considerava respinto.

Anche nel caso in cui l'istruttoria degli Avogadori si fosse conclusa unanimemente concordi, spettava sempre al Collegio solenne confermare, o meno, la deliberazione raggiunta da quei magistrati e sempre con la maggioranza di 2\3 almeno.


L’adattamento, il miglioramento, la limatura, finanche il rimescolamento continuo cui qualsiasi materia pubblica era soggetta, vide anche in questo caso un ulteriore intervento del Consejo dei Diese il quale, nel corso del 1526 improvvisamente promosse una revisione di tutti i processi di nobiltà già accertati, posteriori al 1506.

Nel 1591, una legge approvata del Senato obbligò gli Avogadori (coadiuvati per questo da altri quattro loro colleghi che non fossero però scaduti di carica da più di dieci anni) di rivedere globalmente tutti i processi di nobiltà, riportando al giudizio del Collegio solenne i casi sospetti e conservando in quella sede il diritto al voto.

Il guardingo patriziato veneziano, costantemente ossessionato dalla conservazione del potere all'interno delle proprie fila, non disdegnò mai di ricordarsi e ricordare ad ogni nobilomo che, seppure provato, egli soggiaceva sempre sotto il sindacato degli Avogadori i quali, se del caso, non dovevano esitare a placitare il sospetto avanti al collegio competente.

Questa applicazione erga omnes delle rigide norme stabilite dagli stessi patrizi e dai medesimi fatte rispettare quando a turno si trovavano a sostenere le cariche a ciò preposte, sfociò nell’approvazione di una Parte che a partire dal 1506 stabilì il principio generale secondo cui doveva considerarsi escluso, nei casi dubbi, l'accoglimento dell'interpretazione più favorevole del presunto nobilomo, considerata a tutti gli effetti come la più sfavorevole per lo Stato.

 


 

 torna suso  

<< va indrìo