Ospeal mazor

Ospeal de la Pietà

SESTIER DE

 CASTELO

La storia.

Giungendo a Venezia nel 1335, fra’ Pietro d’Assisi, dell’Ordine dei Francescani, rimasto particolarmente turbato dal grande numero di bambini che giacevano abbandonati per strada,  si diede immediatamente da fare per dare loro soccorso. Egli prese dunque a vagare per la città implorando i passanti alla questua al grido di “Pietà ! Pietà !” e la sua voce non rimase inascoltata, tanto che già nel 1336 tale Domenico Trevisan della Contrada San Lio disponeva un legato testamentario a sostegno della caritatevole opera.

Nel 1340 il buon frate, che ora il popolo chiamava affettuosamente Pieruzzo de la Pietà, prese in affitto dalla nobildonna Lucrezia Dolfin diciassette caxette tutte raccolte attorno a quella che assunse subito il nome di corte de la Pietà, ancor’oggi situata in Contrada Santa Giustina, non lontana dal convento dei francescani detto de la vigna. Qui egli fondava il primo nucleo dell'ospissio de la Pietà.

Nel 1343, dietro continua supplica del fondatore, il Senato decretava il riconoscimento di consistenti sussidi pubblici, associandovi anche il permesso per la questua dato che il ricavato era principalmente destinato a beneficio delle balie e del personale che lavorava nel pio luogo.

Accresciutosi nel tempo il numero degli orfanelli bisognosi di assistenza ed essendo oramai insufficiente lo spazio del piccolo ospissio, fra' Pietro d'Assisi si volse alla ricerca di nuove case da affittare, che trovò poco distante in Contrada San Zuane in Bragora, dove nel 1346 egli fondava l'ospeal de la Pietà. Quello stesso anno gli fu dapprima riconosciuta la pubblica lode da parte del Dose Andrea Dandolo, cui seguì poco dopo il formale riconoscimento giuridico da parte della Repubblica.

Nel 1348 i trovatelli furono divisi fra maschi e femmine, venendo i primi affidati alla custodia della Confraternita Maschile di San Francesco e le seconde invece alla cura della Congregazione delle Matrone, ordine che aveva istituito lo stesso fra' Pietro nella chiesa della Celestia, con il titolo di suore di Santa Maria dell'Umiltà.

Desideroso che l’ospeal continuasse l'attività anche dopo la propria morte, fra' Pietro d'Assisi chiese ed ottenne dal Papa la “dispensa” (come frate francescano egli non poteva infatti possedere e testare) a far testamento, che redasse il 12 luglio del 1348. Morì l’anno seguente, nel 1349, e il 27 dicembre dello stesso anno le sue volontà furono eseguite.

La forte speranza nutrita dal frate che la sua attività continuasse non andò delusa, dato che al suo successore, tale fra' Pacino (o Paxino) il Dose Andrea Dandolo tosto rinnovò la concessione di continuare la questua per gli esposti. Nel 1349 si spegneva intanto la nobildonna Lucrezia Dolfin, che però lasciava in eredità al patrimonio dell’ospeal le diciassette caxette di corte de la Pietà.

Nel 1388 grazie a un ulteriore lascito della Priora Nicoletta, nuove case vennero ad aggiungersi al nucleo originario della Bragora e fu perciò possibile dare inizio al primo ampliamento edilizio, al quale seguì un secondo ingrandimento nel 1493 ed infine un terzo nel 1515, quando tutto il complesso fu unificato, venendo sgombrata la sede originaria.

Il numero dei bimbi bisognosi di assistenza continuava però a crescere, facendo di conseguenza aumentare anche i bisogni materiali dell'ospeal; nel 1472 il Senato elesse allora due nobilomeni che, col titolo di Procuratori, ebbero delegato il compito di ispezionare con cura l’organizzazione della struttura e di rilevarne i bisogni più urgenti cui provvedere.

Con un decreto del Mazor Consejo, nel 1535 la gestione degli assistiti fu nuovamente unificata e da allora anche l'assistenza dei "putti" venne affidata alle suore di Santa Maria de l'Umiltà; con l’occasione venne anche stabilito che le suore avrebbero eletto autonomamente la Priora ma che la stessa non sarebbe entrata legalmente in carica se non dopo la formale conferma del Dose.

Nel 1554 il Dose Francesco Venier concedeva all’ospeal la particolare protezione del juspatronato ducale.

La Priora eletta nel 1604 fu anche l’ultima, dopo della quale, essendo divenuto assai cospicuo il patrimonio dell'ospeal, fu deciso di assegnarne l'amministrazione direttamente al Dose e quindi, tramite questi, alla magistratura dei Provedadori sora ospedali, lochi pii e riscatto de li schiavi.

Alla caduta della Repubblica (1797), l'ospeal sopravvisse indenne ai decreti napoleonici di soppressione e venne amministrato direttamente dal Comune fino al 1807, quindi fino al 1826 dalla Congregazione di Carità e poi dal Governo Austriaco. Nel 1935 divenne “Istituto Provinciale per l’Infanzia S. Maria della Pietà”. Ancora oggi svolge la sua funzione di ricovero ed assistenza per l'infanzia abbandonata, così come volle fra’ Pietro d’Assisi.

 

L'edificio.

Dei successivi ampliamenti che poi portarono nel 1515 all'abbandono della sede originaria già si è detto.

Nel corso del secolo XVI venne eretto un modesto oratorio, all'angolo con la calle de la Pietà, che però fu inseguito completamente demolito per fare spazio all'attuale chiesa de la Pietà, quando nel 1735, con un bando pubblico, vennero presentati i progetti per quella che sarà la definitiva riorganizzazione dell'intero complesso. Degli elaborati presentati fu scelto quello del Massari, anche se del progetto da egli predisposto fu realizzata soltanto la parte inerente la chiesa. Lo sviluppo completo prevedeva infatti la realizzazione di un unico, enorme edificio esteso dal rio dei greci al rio de la pietà, per cui sarebbero scomparsi calle de la Pietà, la gotica Ca' Gritti, assieme alla quattrocentesca Ca' Cappello-Memmo.

In ogni caso, dal momento in cui la chiesa nel 1760 fu ufficialmente consacrata ed aperta al culto (ma definitivamente completata solo nel 1906 con la realizzazione della facciata) Venezia ebbe a disposizione forse la maggiore sala da concerto allora esistente in città, divenuta ben presto giustamente famosa perché in essa i maestri veneziani più celebrati (escluso Vivaldi, che purtroppo morì prima del suo completamento), istruirono le orfane nella musica, formando un coro che per la qualità del canto riscosse spesso l'ammirazione di italiani e stranieri.

Va infine notato che tutti gli Ospedali Maggiori a Venezia avevano il loro coro (o Cappella), ciascuno composto, a volte, fino a cento orfanelle.

 


 

la lapide al ponte dei frati (Contrada Sant'Anzolo)

 

+  PAPA  CLIMENTO  SEXSTO  DI  UNO

ANNO  XL  DI  DE  PERDON  CASCHUNO

CHE   PORCE   LEMUSENA  ALI  FANTOLI

NI DELA PIETATE MISER LO PATRIACHA

DE   GRADO   MISER   LO   VESCODO  DE

CASTELO XL DI

 

SVMA LO P DO DE LA PIA

TADE VNO ANO XX DI

E DA TRE GRACIE MOLTE

 


 

l'entrata all'orfanotrofio

ISTITUTO DEGLI ESPOSTI

 

la lapide murata sulla chiesa

 

FULMINA IL SIGNOR IDDIO MALEDITIONI E SCOMUNICHE

CONTRO QUELLI QUALI MANDANO O PERMETTANO

SIANO MANDATI LI LORO FIGLIOLI E FIGLIOLE SI

LEGITTIMI COME NATURALI IN QUESTO HOSPEDALE DELLA

PIETA' HAVENDO IL MODO, E FACULTA' DI POTERLI ALLEVARE

ESSEENDO OBLIGATI AL RESARCIMENTO DI OGNI DANNO E

SPESA FATTA PER QUELLI, NE POSSONO ESSER ASSOLTI

SE NON SODISFANO, COME CHIARAMENTE APPARE NELLA

BOLLA DI NOSTRO SIGNOR PAPA PAOLO TERZO

DATA ADI. 12 NOVEMBRE L'ANNO. 1548.

 

CONTRADA

S. ZUANE

IN BRAGORA

RIVA

DEI S'CIAVONI

 

<< va indrìo

ti xe un forastier inluminà ?

va a vèder l'

ospissio de la Pietà

 

par saverghene de più ...

 

FRANCA SEMI

"Gli Ospizi di Venezia",

Venezia 1984