SESTIER DE

S. CROSE

ciexa de Santa Crose

CONTRADA

S. CROSE

 

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Cenni storici:

Come afferma il cronista Andrea Dandolo (LIV Dose, 1343 – 1354) la tradizione vuole che nel VI secolo, quando l’Italia venne invasa dai Longobardi di Alboino, gli abitanti della terraferma più prossima trovassero rifugio in Laguna ed in una delle isole, chiamata Luprio, nel 568 fosse da loro innalzata una chiesa dedicata alla Santa Croce. L’onore e l’onere della sua erezione viene ascritto alla famiglia Malipiero la quale sovvenzionò largamente i lavori dell’edificio che alfine venne consacrato da Obelerio, nel 774 eletto primo vescovo di Olivolo.

 

Pare tuttavia più verosimile che l’edificazione abbia avuto luogo in un’epoca posteriore, forse tra il VIII e il IX secolo, periodo storico nel quale iniziò a delinearsi una più precisa fisionomia sociale della comunità veneziana.

 

Edificio di modesta consistenza, ancora circondato da vaste aree coltivate ad orto e vigna, se non addirittura barenose, nel 1109 una parte di quest’area venne ceduta assieme alla chiesa ai monaci benedettini cluniacensi, i quali nel 1111  ricostruirono il tempio ed edificarono il loro monastero. Secondo le cronache, trascorsi che furono due secoli, a causa dei costumi scandalosi i monaci vennero cacciati dalla città a furor di popolo. Il sito intanto era però cresciuto d’importanza, tanto che la chiesa diede dapprima il nome alla Contrada e poi ad uno dei Sestieri in cui è suddivisa la città.

 

Partiti i monaci, il Capitolo parrocchiale, che aveva continuato ad operare anche durante i benedettini, si mutò in Priorato ed assunse l’amministrazione degli edifici, che provvide in parte anche a ricostruire ed in parte ad ampliare, con la chiesa che venne nuovamente consacrata il 28 settembre 1342. Il nuovo edificio aveva caratteristiche analoghe a quelle di altre chiese dello stesso periodo, a tre navate con asse longitudinale parallelo al Canalasso e le absidi prospettanti il rio de la Crose.

 

Per dare spazio al sagrato, la fondamenta si allargava verso l’interno dove un alto muro di cinta chiudeva il primo chiostro del monastero collegato al secondo sul lato meridionale. Questa impostazione non muterà nel corso dei secoli successivi, malgrado nuovi interventi ne modificassero l’aspetto architettonico.

 

Nel 1460 l’ultimo Prior, Eugenio Memmo, consegnò il convento alle monache francescane dell’ordine di Santa Chiara, alle quali tuttavia subentrarono nel 1477 i frati francescani Minori Osservanti.

 

Alla fine del XVI secolo la chiesa, bisognosa di restauri, fu riedificata sulla base del progetto attribuito ad Antonio Da Ponte, architetto della Repubblica. Nicolò Da Ponte (LXXXVII Dose, 1578 – 1585) pose la prima pietra nel 1583  e l’edificio subì in questa occasione una radicale trasformazione, venendo ricostruito ad una sola navata, con tetto a capanna che sulla facciata componeva il frontone triangolare. Le absidi prospettavano sul rio de la Crose.  I lavori arrivarono a conclusione nel 1590 e la consacrazione avvenne nel 1600.

 

Nel 1594 il monastero venne tolto ai frati francescani per essere momentaneamente affidato alla cura del Patriarca di Venezia, in quel tempo Lorenzo II Priuli, che già nel 1597 lo ritornava nuovamente alle monache francescane.

 

Caduta la Repubblica, nel corso della seconda occupazione francese, per effetto dell’atto di avocazione del 21 giugno 1806 il monastero di Santa Crose venne requisito dal Demanio e dichiarato di prima classe. In esso furono concentrate le 29 monache francescane del vicino convento di Santa Ciara in isola de la zirada che venne soppresso.

 

La chiesa continuò ad essere officiata fino al 1810, quando Napoleone firmò a Compiègne un nuovo decreto in materia di soppressione dei monasteri, il cui contenuto venne reso pubblico il 12 maggio e che solo a Venezia causò la chiusura di altri 15 monasteri maschili e 25 conventi femminili.

Nell’elenco era compresa questa volta anche la chiesa di Santa Crose, che perse il titolo di parrocchiale, fu chiusa al culto e sconsacrata. Spogliata degli arredi, dei dipinti e delle suppellettili sacre, venduti o trasportati altrove, il grande vano venne ridotto a magazzino.

Pochi anni dopo la chiesa, il complesso conventuale e gli altri edifici privati attigui vennero completamente demoliti, e l’area inglobata nel vasto giardino privato di Spiridione Papadopoli, oggi divenuto di proprietà comunale, dopo le mutilazioni subite con l’escavo del rio novo (1932) e la realizzazione di piazzale Roma con il garage comunale.

 

Opere d’arte all’interno:

la chiesa aveva disposti al suo interno nove altari: tre alla navata destra, uno nella cappella a destra del presbiterio, l’altar maggiore, uno nella cappella a sinistra del presbiterio e tre alla navata sinistra.

controfacciata:

organo: portelle (interno) San Bonaventura e San Lodovico; (esterno) Salomone visita la regina di Saba, entrambe dipinte da J. Palma il giovane. (fu venduto nel 1812)

 

lato sinistro, sopra la porta laterale:

quadro Lavanda dei piedi di P. Pase

 

alla parete:

quadro Crocifissione di G. Contarini (fu assegnato alla chiesa di Sant’Orso di Schio nel 1839)

pala d’altare San Marco, San Carlo e San Luigi di J. Palma il giovane

pala d’altare San Francesco riceve le stimmate di J. Palma il giovane

cappella a destra del presbiterio:

al soffitto: dipinto a mezzaluna con Padre Eterno con due profeti di J. Palma il giovane.

a lato: Santa Agnese di J. Palma il giovane

all'altare: pala Annunciazione di J. Palma il giovane

a lato: Santa Lucia di J. Palma il giovane

 

battistero:

alla parete: quadretto San Giovanni battezza Gesù di Vivarini da Murano

 

altar maggiore:

sulla parete: grande quadro Passione di Cristo di O. Fialetti

tabernacolo: ricco di mamri e colonnine con figure di angeli in bronzo e sulla sommità il gruppo Cristo resuscitato con San Francesco e Sant’Antonio pure in bronzo. (fu venduto a un privato assieme all’altar maggiore, alla balaustra e ai gradini, nel 1813).

all’altare: pala Adorazione della Croce con Sant’Elena e altri Santi di P. Piazza (portata a Vienna nel 1838 e rientrata a Venezia nel 1919 è oggi collocata in chiesa di Santa Lena in isola)

ai lati: suddivisa in due comparti, Annunciazione di A. Vicentino

sula parete: grande quadro Castigo dei serpenti di G. Pilotti

cappella a sinistra del presbiterio:

all'altare: pala di J. Palma.

alle pareti laterali: quattro dipinti con Storie di Santa Chiara di O. Fialetti

 

lato sinistro, terzo altare:

altare famiglia Surian

all'altare: tavola Vergine, Gesù, San Girolamo e committente di L. Bassano. Il committente, Girolamo Surian, qui sepolto nel 1595, è raffigurato nell’abito di senatore. (il dipinto si trova oggi presso il Museo Civico di Bassano del Grappa).

lato sinistro, secondo altare:

altare di Santa Chiara

all'altare: dipinto Cristo morto, Santa Caterina e papa Sisto V di Tintoretto

alla parete laterale: dipinto Invenzione della Croce di Tintoretto soggetto da egli copiato da un quadro analogo presso la chiesa di Santa Maria Mater Domini.

altare:

altare famiglia Marin

all'altare: pala Natività di J. Palma il giovane

 

La facciata e il portale:

Le immagini settecentesche tramandano con grande precisione la facciata della chiesa. Rivolta verso ovest, appare di grande semplicità compositiva con tre portali, di cui quello centrale più grande, con timpano interrotto sul quale si imposta una croce filiforme che giunge quasi all’altezza dell’ampio finestrone circolare. Sopra ciascuna delle porte laterali si aprono invece due semplici finestre ad arco a tutto sesto.

La colonna d’angolo:

Unica superstite della spoliazione, all’angolo del fabbricato che contermina il giardino, è collocata una colonna di marmo greco con il capitello, sulla cui effettiva provenienza si è molto discusso.

La forte rassomiglianza del monogramma inciso nel capitello con quelli delle due colonne acritane piantate davanti al Battistero della ciexa ducal de San Marco, trafugati da Tolemaide e arrivati a Venezia nel 1256, ha fatto supporre in alcuni la stessa origine.

Altri ritengono che tale colonna provenga invece dal perduto monumento funerario di Domenico Morosini (XXXVII Dose 1147 - 1156) oppure da quello di Orio Mastropiero (XL Dose 1178 - 1192), entrambi sepolti in questa chiesa.

Il campanile:

L’alto campanile, ancora visibile nel 1500, aveva le basi inglobate nella navata laterale destra e doveva avere un rilievo di una certa importanza sulle costruzioni circostanti, dovuto alla notevole altezza della canna lesenata, conclusa da una cella a trifore. Venne in epoca successiva demolito.

Il monastero:

In molti documenti è chiamato San Francesco della Croce Granda, poi Santa Croce Granda, per distinguerlo dall’omonimo complesso conventuale esistente nell’isola della Zueca.

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