| SESTIER DE S. CROSE | ciexa de San Simeon picolo | 
| CONTRADA S. SIMEON PICOLO | 
 
| Cenni storici: per distinguerla da quella contigua di San Simeon Grando e per la sua originaria minore consistenza
  edilizia, la chiesa di San Simeone e San Giuda apostoli fu chiamata dal
  popolo San Simeon Picolo. Tale denominazione
  fu mantenuta anche dopo che essa assunse, a seguito della sua ricostruzione
  settecentesca, le attuali e ben maggiori proporzioni. L’esistenza di una chiesa dedicata a San Simeon
  picolo viene fatta risalire tradizionalmente al secolo X, mentre in realtà le prime notizie
  certe relative alla sua esistenza compaiono solo dopo la metà del secolo successivo.
  Fin dalla sua fondazione essa fu chiesa parrocchiale, con giurisdizione su di
  un territorio di media estensione. L’antica fabbrica occupava all’incirca lo
  stesso spazio di quella attuale, in un’area prospiciente il tratto superiore
  del Canalasso che un tempo
  sboccava, dopo un’ulteriore ansa, nella laguna settentrionale, fra l’isola di
  Santa Ciara e la sacca omonima. Essendo inesistente una documentazione
  sugli interventi che certamente l’edificio ebbe a subire nel corso del tempo,
  si può solo ipotizzare che nel 1718, anno della sua completa demolizione e
  ricostruzione, l’edificio conservasse ancora la stessa configurazione che
  aveva nel secolo XV. La chiesa originaria era anch’essa posta
  sicuramente arretrata rispetto alla riva del Canalasso,
  a cui però volgeva non la facciata ma il fianco sinistro, formando con le
  case adiacenti un ampio campo, aperto verso il Canalasso, in continuità con la fondamenta San Simeon Picolo, che in
  quell’epoca già esisteva. La fabbrica era di modeste proporzioni, coperta da
  un semplice tetto a due falde ed affiancata dal campanile, anch’esso di
  semplice fattura ma di più antica fondazione. In quale tempo dietro alla chiesa si
  aprivano vasti giardini delle Ca’ patrizie e più in là, oltre il Rio de le Muneghete, le ciovere,
  ossia ampi spazi aperti dove erano posti lunghe file parallele di cavalletti
  in legno fissati al suolo, utilizzati come stenditoi per asciugare i panni di
  lana tinti. Divenuta probabilmente vetusta, ne venne
  decisa la ricostruzione che fu affidata nel 1718 all’architetto Giovanni Scalfarotto, un valente proto (tecnico) per il quale questa
  chiesa restò anche l’unica opera di un certo impegno da egli realizzata in
  città. Nella pianta dell’Ughi, pubblicata nel 1729, l’edificio appare già chiaramente delineato anche con la
  gradinata d’ingresso; è possibile ipotizzare che nei dieci anni successivi si
  sia operato per lo più all’interno con interventi di rifinitura. I lavori si
  conclusero comunque nel 1738.  Nel nuovo edificio si individuano senza
  difficoltà alcuni motivi che ispirarono lo Scalfarotto nel suo lavoro: dalla
  chiesa della Salute (del Longhena) egli
  trasse l’ispirazione per la preminenza volumetrica della cupola e lo schema
  planimetrico centrale; dalla chiesa dei Tolentini
  (del Tirani) l’idea per il pronao a scalinata. Nonostante ciò, nel suo
  insieme la chiesa ha mantenuto un modello unitario, precorrendo anzi il gusto
  che più tardi si svilupperà con la corrente neoclassica. L’intera
  costruzione è dominata dall’altissima cupola a sesto rialzato, rivestita di
  lastre di rame e conclusa da una lanterna cilindrica a finestrati suddivisi
  da colonnine, sulla cui sommità è collocata la statua del Redentore.  E’ innegabile che
  la smisurata altezza della cupola costituisca la nota dominante del paesaggio
  urbano di questa zona della città, quasi che lo Scalfarotto abbia inteso
  realizzare un edificio omologo alla chiesa della Salute
  che, guarda caso, si trova situata proprio al capo opposto del Canalasso. Dopo la caduta della Repubblica, il
  titolo parrocchiale fu abolito nel 1810
  con il secondo decreto napoleonico e San Simeon
  Picolo divenne succursale di San Simeon
  Grando. La chiesa oggi è chiusa al culto. | 
 - primo altare: all'altare: tela San
  Francesco di Paola sorretto da un angelo e San Gaetano da Thiene di
  A. Marinetti detto il Chiozzotto. - nicchia: nell’ordine
  superiore, statua Evangelista (secolo
  XVIII) di scuola veneta. - pergamo: nell’ordine
  inferiore, pulpito aggettante. - nicchia: nell’ordine
  superiore, statua Evangelista (secolo
  XVIII) di scuola veneta. - secondo altare: all'altare: pala San
  Simeone, San Giuda e San Giovanni Battista (secolo XVII) di F. Polazzo. 
 - presbiterio: altar maggiore: ricco di marmi rari,
  fra le due statue San Simeone e San Giuda (secolo XVIII), elegante tabernacolo con gentili puttini e due
  dipinti a fondo oro: Le Marie al sepolcro di
  Cristo e la Maddalena
  (secolo XVIII) entrambe attribuite al Maggiotto. alla retrostante parete: cantoria
  dì’organo settecentesca. alle pareti delle absidi: nicchie con
  statue degli Apostoli. 
 - secondo altare: all’altare: tela Sacra Famiglia (secolo XVIII), di T. Bugoni. - nicchia: nell’ordine
  superiore, statua Evangelista (secolo XVIII)
  di scuola veneta. - pergamo: nell’ordine
  inferiore, pulpito aggettante. - nicchia: nell’ordine
  superiore, statua Evangelista (secolo
  XVIII) di scuola veneta. - primo altare: all’altare: tela Martirio di Santa Dorotea di A. Venturini. 
 all’altare: marmoreo Crocefisso (secolo XVIII), attribuito a G. Marchiori. 
 alla parete: sopra il marmoreo
  lavamano, opera giovanile di T. Temanza, si trova un elegante
  rilievo: Piscina probatica, di G. Marchiori con in basso il ritratto
  dell’autore. 
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| Portale e
  facciata: L’edifico poggia su di un alto stilobate
  che oltre ad aumentarne sensibilmente il senso della verticalità, pone il piano
  del pavimento della navata in posizione alquanto rialzata rispetto alla sede
  stradale, a cui si raccorda grazie alla scalinata di accesso al pronao. Ispirandosi alla vicina chiesa dei Tolentini, lo Scalfarotto ha qui realizzato un pronao di notevole profondità, definito da quattro colonne corinzie (una di queste rifatta perché abbattuta da bomba austriaca il 27 febbraio 1918) e pilastri angolari a fasce di lesenei, concluso da un grande frontone triangolare decorato dal rilievo marmoreo raffigurante il Martirio dei Santi Simeone e Giuda, (secolo XVIII) di F. Penso detto Cabianca. | ||||||
| Interno: la pianta è circolare a due ordini, con
  due ali laterali alte quanto l’architrave del pronao. L’aula centrale è
  scandita da lesene e colonne corinzie che sostengono l’alto tamburo della
  cupola. Ai lati si fronteggiano quattro altari simmetrici e due pergami. Posteriormente, rialzato di tre gradini
  rispetto alla navata, si apre il presbiterio allungato ai lati da esedre
  semicircolari, sormontato da una piccola cupola. Al centro, isolato, è
  collocato l’altar maggiore.  Lateralmente, dall’esedra di destra, si
  ha l’accesso alla sacrestia. Entro l’alto basamento, dunque sotto la
  pavimentazione della navata, si trovano gli ambienti funerari che, affrescati
  con scene della Passione di Cristo, formano un complesso catacombale atto a
  sostituire le sepolture terragnee o le tumulazioni delle cappelle patrizie
  della chiesa preesistente. Tramite i quattro corridoi affrescati, che si
  dipartono da un ampio vano ottagonale, si accede alle camere sepolcrali. | ||||||
| Campanile: anteriore all’attuale fabbrica della
  chiesa e posto ora accanto al lato destro del presbiterio, il piccolo
  campanile consiste in una torretta che si innalza di soli 3 metri dal cornicione
  dell’edificio. | ||||||
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