Ciò che rende assolutamente originale la toponomastica veneziana, la sua "stranezza", è costituita dalla somma di caratteristiche che non hanno riscontro in alcuna città italiana (ma che invece presenta più di qualche affinità ad esempio con Tokyo, Estremo Oriente. Una casualità ?).

Durante la Repubblica esisteva solamente la denominazione degli elementi urbani ed il ripetersi dei nomi delle vie. Quella che ovunque è la "via" qui si chiama "calle", la "piazza" è il "campo", il "canale" si chiama "rio". Se a ciò si aggiunge che un nome di una calle spesso era (è) ripetuto per decine di volte in svariati luoghi, è facile comprendere quale sgomento dovesse assalire il foresto davanti ad una città che aveva tutte le sembianze di un grande e caotico labirinto, dove per rintracciare un qualsiasi recapito era necessario inoltrarsi affidandosi alla consuetudine orale del popolo.

Ai primi due, gli altri tre elementi, per così dire "semplificatori", si aggiunsero successivamente: la forma dei cartelli, il contenuto, la numerazione civica

 

Denominazione degli elementi urbani.

E' a partire dall'anno 1.000 che hanno origine i toponimi tipici della città: la CALLE (dal latino callis), la FONDAMENTA ossia la striscia di terra fra le case e un rio (dal latino rivus), la PISCINA (un tronco di rio dove l'acqua stagnava), il CAMPO, il CAMPIELLO, il CAMPAZZO, la CORTE e più tardi la RUGA e la RUGHETTA (strade di media larghezza fiancheggiate da botteghe), la SALIZADA (strada selciata), il RAMO (vicolo cieco), RIO TERA' (rio interrato). Dal 1.100 in poi, la necessità di una più precisa individuazione dei luoghi impose lentamente un nome alle vie di terra e d'acqua, che mutuarono quelli delle chiese, dei monasteri, degli ospizi, dimore di patrizi, di borghesi e di popolani, degli artigiani, dei commercianti, delle insegne delle botteghe e delle osterie, dei fonteghi e dei teatri.

 

Il ripetersi dei nomi delle vie.

Ci sono a Venezia 31 calle del forno, 16 calle del magazen, 16 calle dei preti, 15 calle de mezo, 13 corte nova, 7 ponte storto, 6 campiello de la chiesa. Moltissime le calli "dei frati", "della Madonna", "del Cristo" e quelle con i nomi delle attività artigianali più popolari e diffuse: "forner", "pistor", "magazen", "malvasia", "remer", "spezier", "tagiapiera", ecc.

 

La forma.

A differenza di ogni altra città, i nomi delle località sono scritti non sulle classiche targhe di marmo oppure di metallo fissate al muro (e men che meno su cartelli fissati in cima a pali) ma direttamente sui muri, entro rettangoli di malta dipinta di bianco con la calce e contornati da una riga nera. Ciò ha fatto coniare il termine NIZIOLETO (piccolo lenzuolo).

 

Il contenuto.

Coniata dal popolo nella vita di ogni giorno, praticamente immutata nei secoli nel tramandarsi a voce la toponomastica veneziana si sviluppò su una dimensione rionale, scandita sempre dal nome del Santo titolare della chiesa e spesso dal cognome di una famiglia nobile abbinato al palazzo di proprietà, ma soprattutto intessuta dai nomi dei punti di riferimento della vita quotidiana. Ecco il ripetersi dei toponimi quali "forno", "malvasia", "magazen", "tragheto", "campaniel", "pistor", "pestrin", "spezier", "tagiapiera". Non mancano i toponimi che ricordano la presenza in diversi punti della città di comunità straniere: albanesi, greci, armeni, tedeschi, turchi. Le comunità artigiane: "favri", "oresi", "boteri", "bareteri", "saoneri". Infine la toponomastica veneziana è costellata di nomi insoliti e fantasiosi: "donna onesta", "pugni", "Sassini", "Tette", "Maravegie", "Malcanton", "Perdon", Strologo", "Proverbi", "Cortesia", "Pazienze", "Brusà", "Orbi", "Zoti", "Polvere".

Diversamente che nella loro prima apparizione, in Lingua italiana, ora è quasi sempre utilizzato il dialetto veneziano, applicato anche per i nomi dei Santi: "San Marcuola", "San Trovaso", "San Stae", "San Agiopo", "San Zaninovo", "San Zan Degolà".

Assai rari i toponimi che ricordano i personaggi illustri che pure non mancarono nella Repubblica, e quei pochi introdotti dopo l'arrivo degli Italiani nel 1866, peraltro sovrapposti a nomi già esistenti, non ebbero (ne hanno) alcuna presa nell'uso popolare: il campo Bandiera e Moro continuò ad essere chiamato della Bragora, a Via Vittorio Emanuele venne preferito strada nova, il campo Ugo Foscolo rimase de le Gate, il campo Angelo Emo non fece dimenticare il campo San Biasio ai forni.

Infine, con le numerose costruzioni sorte nel corso del XX secolo vennero a formarsi nuove vie e con esse nuovi nomi: ciò è accaduto a San Rocco, a San Giobbe, al Ghetto nuovissimo, alla Giudecca, a Sant'Elena e a Saccafisola.

Va segnalato che con le cessioni comunali ai privati di CALLI e CORTI cieche, si fa concreto il pericolo che i relativi NIZIOLETI non vengano più rinnovati, anche quando essi rappresentano un unicum in città: è il caso del sotoportego del Diamanter (Contrada Santa Fosca), il sotoportego de l'Indorador (Contrada Santa Marina), la corte Stupenda (Contrada San Zaninovo), la corte del Dose (Contrada Santa Maria Formosa) e la fossa Capara (Contrada Anzolo Rafael).

Inizialmente riportati in Lingua italiana, solo dopo la fine della seconda guerra mondiale, è stato fatto il tentativo di riformare la toponomastica per ricondurla alle forme dialettali usate nel passato, tentativo che aveva dato i suoi frutti, anche se vanno segnalati alcuni recenti interventi di restauro che hanno inspiegabilmente prodotto nuovamente NIZIOLETI in italiano, spesso inficiati di veri e propri orrori grammaticali, oppure addirittura introducendo modificazioni di pura fantasia.

 

La numerazione civica.

L'ultima grande diversità è costituita dalla numerazione civica.

Un primo tentativo venne introdotto dagli occupanti Francesi, impegnati nella redazione del Catasto, che però incontrarono subito la difficoltà rappresentata dalle numerose CALLI con nome uguale, ma soprattutto, vennero creati i famosi NIZIOLETI (ossia le "piccole lenzuola") per identificare con sicurezza le strade.

La numerazione autonoma e progressiva dei sei Sestieri in cui è suddivisa da tempo antichissimo la città fu introdotta nel 1841 dagli occupanti Austriaci ed ha comportato l'inutilità ed il conseguente abbandono dell'indicazione nell'indirizzo del nome della CALLE o del CAMPIELLO di residenza.

Non più conteggiata strada per strada, la numerazione si sviluppa dunque in otto grandi progressioni: sei per ciascun Sestiere, più l'isola della Giudecca e l'Isola di Sant'Elena. Ciò comporta il superamento nei sestieri più piccoli di quota duemila e in quelli più grandi di quota seimila (2344 per Santa Croce, 3140 San Polo, 3960 per Dorsoduro, 5554 per San Marco, 6294 per Cannaregio, 6827 per Castello)

Questa sezione intende da una parte denunciare le storture più evidenti, nella speranza di un intervento da parte del competente Assessorato, dall'altra conservare per i posteri la correttezza formale di ogni NIZIOLETO in città.