Istituzione.
Pare che il Colegio a le Rapresaglie sia stato
istituito per la prima volta nel corso del 1272, composto da
quindici nobilomeni e presieduto direttamente dal
Dose, anche se la competenza in materia non venne ad esso
completamente delegata. Una Parte del 1310 stabilì
infatti che qualora il valore del danno a cui applicare la
rappresaglia non avesse oltrepassato le 300 lire veneziane, la
titolarità dell'azione di recupero passava alle magistrature
dei Sopraconsoli e dei Provedadori de Comun.
In particolare, attraverso la lettura del Capitolare
dei Sopraconsoli, è possibile desumere che il
Colegio si potesse riunire legalmente quando non al di
sotto dei dieci membri, essendo composto dalle seguenti
magistrature:
v
il Dose,
v almeno
quattro Consiglieri ducali,
v
gli Avogadori de Comun,
v
i Sopraconsoli,
v
i Provedadori de Comun.
Successivamente, nel corso del XV secolo, il Senato iniziò
gradatamente ad ingerirsi di questa materia, emanando alcuni
regolamenti con l'intenzione di impedire il manifestarsi di
rappresaglie anche in assenza di un giusto motivo.
L'interessamento manifestato dal Senato, giustificata dal
risvolto che interessava la pace sociale dello Stato, segnò
anche l'inizio del declino dell'importanza del Colegio,
il quale probabilmente si riunì per l'ultima volta nel corso
del 1431, dopo di che tutti gli atti inerenti le rappresaglie
furono presi in carico alternativamente dagli Avogadori de
Comun e dai Provedadori de Comun.
Finalmente, nel corso del 1456 il Mazor Consejo
intervenne decretando che la giurisdizione sulla materia fosse
delegata alla competenza del Senato, confermando
contemporaneamente la definitiva abolizione del Colegio.
Competenze.

All'interno della normativa veneziana, era compresa anche una
minuta regolamentazione riguardante l'attuazione delle
rappresaglie, ossia i modi ed i tempi secondo i quali era
considerato lecito imporre pignorazioni forzate in capo a due
categorie di privati cittadini:
v
contro i sudditi che si rendessero rei di danneggiamenti od
atti ingiuriosi nei confronti dello Stato, attuati nel corso
di guerre od anche in occasione di sollevazioni, quest'ultime
da parte specialmente di fazioni di nobili di Terra Ferma od
in Levante;
v
contro cittadini di altri stati residenti nei domini veneti e
contro i quali si procedeva quando il loro sovrano
ingiustamente espropriasse dei loro beni ed averi sudditi
veneti colà residenti.
Tre quindi erano i principi ispiratori dell'azione di
rappresaglia:
v
la salvaguardia del decoro della nazione;
v
il risarcimento (pubblico e\o privato) del danno subito;
v
porre un freno agli abusi che venivano introdotti in occasione
della quantificazione del danno e del relativo risarcimento.
Il compito del Colegio era quello di inoltrare ai
Principi stranieri la formale richiesta di restituzione dei
beni confiscati a veneziani. Avutone un rifiuto, adoperarsi
perchè i beni di cittadini di quello Stato residenti
all'interno della Repubblica venissero confiscati a beneficio
dei sudditi veneti usurpati delle loro proprietà.
Era di norma concesso ai sudditi di ricorrere autonomamente
alla rappresaglia per il risarcimento di danni patiti,
tuttavia in questo caso lo Stato applicava una tassa sul
valore totale di quanto ottenuto.
Più tardi, a causa dell'avidità che iniziò a manifestarsi dai
privati nelle pretese di risarcimento, la possibilità di
rappresaglia venne ristretta ai soli casi di violenza,
rimanendo inoltre assolutamente proibito ai mercanti che
intrattenessero rapporti con Stati esteri di poter ricorrere a
tale atto dopo aver vanamente sollecitato la regolazione dei
crediti vantati nei confronti di clienti esteri.
Dignità politica.

Bibliografia essenziale.

SANDI : "Principi di storia ..." tomo
II, pag. 746