Istituzione.
Venezia, capitale di uno Stato che basava la propria attività
economica sul commercio, doveva necessariamente avere a
disposizione un servizio postale che fosse sicuro e quanto più
possibile efficiente.
Già a partire dal trattato stipulato nell'840 con l'imperatore
Lotario, la comunità dei veneziani si preoccupava di pattuire,
tra le altre cose, anche la sicurezza formale per i propri
Epistolari; successivamente, qualche remota possibilità
dell'esistenza di un servizio postale regolare è forse
rintracciabile nel divieto espresso nel 960 dal Doge Pietro
Candiano IV (959-976) ai mercanti veneziani di ricevere
lettere dirette in Grecia dagli abitanti della Germania
meridionale, con grave danno per le casse dell'erario.
Nel libro Cerberus (seppure risulti mancante il testo
della legge riportata nell'indice) appare citato che, verso la
fine del secolo XII, esisteva una struttura composta da tre
Ufficiali dello Stato addetti appunto a sovrintendere
all'organizzazione dei collegamenti postali, col titolo di
Soprintendenti ai Corrieri, ufficio che poi, durante il
primo decennio del 1300, pur con qualche incertezza visto che
la Parte del 6 gennaio 1305 More Veneto - libro
Capricornus, pare certo venisse effettivamente applicata
solo nel 1308, venne sottoposto al diretto controllo dei
Provveditori de Comun.
Competenze.

Come d'uso per le congregazioni di mestiere, a far data dal
1490, anche i Corrieri si riunirono in una propria corporazione
posta sotto la protezione di Santa Caterina, l'Arte si componeva
di quaranta membri che portavano cucito sul berretto il simbolo
di San Marco, tenuti alla più scrupolosa precisione
nell'adempimento dei loro doveri professionali, quale titolo di
garanzia gli associati dovevano depositare un fondo pari a
duecento ducati.
Pure a mantenere alta la moralità non bastò nè l'opera dei
Provveditori de Comun nè la severità degli statuti, e
realizzando alfine il Senato gli abusi che derivavano dalla
cattiva gestione del servizio, dolendosi in particolare del
fiorente contrabbando, nel 1774 venne presentata una Parte
mediante la quale s'intendeva avocare alla podestà dello stesso
Senato la soprintendenza in materia, affidandola ad un proprio
Deputato e demandando a questi anche il compito di
stabilire i compensi dovuti all'Arte tenutaria del servizio.
Contro questa proposta insorse però la Quarantia al Criminal, la
quale invece rivendicò con energia la propria competenza nelle
elezioni di cariche e di uffici che erano destinati ai cittadini
originari, arrivando a definire anticostituzionale la
presentazione stessa della Parte incriminata.
Nonostante l'obiezione, il 30 luglio di quell'anno il decreto
venne approvato, tuttavia già il 13 di agosto la battagliera
Quarantia al Criminal (sostenuta dalla nobiltà povera che vedeva
nel Collegio l'avversario politico entro il quale si andava
condensando troppo potere) ottenne l'approvazione di un decreto
che in pratica sospendeva l'atto votato il mese precedente,
raccomandando maggiori riflessioni sull'argomento.
Nel 1775, al puntuale riproporsi della questione, nuovamente la
Quarantia non mancò di sottolineare l'inopportunità del decreto,
aggiungendo vieppiù la pericolosità insita nell'atto di affidare
ad un solo Deputato l'intera responsabilità di un ufficio così
importante come quello, appunto, del servizio postale: dopo
ampia ed animata discussione, la Quarantia ottenne una nuova
sospensione di quindici giorni.
Scaduto il nuovo termine, la discussione approdò finalmente ad
un accordo che in pratica riusciva a soddisfare ambedue i
Consigli: da una parte la designazione del Deputato ai
Corrieri venne da allora stabilmente assegnata alla
competenza della Quarantia, dall'altra venne ribadito il ruolo
di del Senato quale massimo organo di Governo, ciò mediante la
conferma della sua competenza nella definizione della parte
politica ed amministrativa connessa con il servizio.
Dignità politica.

L'ufficio era designato dalla Quarantia al Criminal.
Bibliografia essenziale.

ROMANIN: "Storia documentata di Venezia"
tomo II, pag.268 - tomo VIII, pag.130