SESTIER DE DORSODURO |
ciexa de Sant'Agnese |
CONTRADA S. AGNESE |
Cenni storici: sebbene la fondazione di Sant’Agnese si voglia sia di
antichissima data, all’incirca tra la fine del X ed il principio dell’XI secolo, costruita a spese della famiglia Melini
o, per altri, della famiglia Molin, essa viene però nominata nei
documenti ufficiali soltanto nel 1081.
E’ ritenuto probabile che anche questa chiesa sia andata distrutta nel grande
incendio che nel 1105 devastò
larghe porzioni di Venezia, venendo però subito ricostruita, a pianta
basilicale a tre navate, conforme allo stile degli edifici veneto-bizantini
dell’epoca. Dopo di ciò, al contrario di quello che invece
accadde a numerose altre chiese veneziane, Sant’Agnese
non subì mai più una radicale ricostruzione ma piuttosto una serie di
parziali modificazioni apportate in occasione di successivi restauri che,
seppure ne snaturarono la struttura originaria e l’apparato decorativo
interno, comunque conservarono all’edificio le linee costitutive, la
volumetria e l’impostazione tipica della basilica veneto-bizantina. Risalente
all’edificio originario è, ad esempio il fianco della navata che guarda verso
il campo,
scandito dalla serie di lesene raccordate tra loro da doppi archetti ciechi
in cotto. Numerosi dunque, sebbene scarsamente
documentati, furono i rimaneggiamenti messi in opera sia in epoca gotica (una
consacrazione solenne avvenne nel 1321
e la lapide che lo ricorda si trova oggi presso il Museo del Seminario
Patriarcale) sia in età barocca, che apportarono importanti modifiche sia
all’esterno che all’interno dell’edificio. In pratica il tetto, gli altari, i
mosaici, gli affreschi, gli elementi scultorei dei portali e dei capitelli
vennero con il tempo sostituiti e, purtroppo, nell’Ottocento, dispersi o
distrutti. Nella sua celebre veduta di Venezia del 1500 il De’ Barbari incide la chiesa
bizantina con la facciata preceduta dal classico portego, elemento
architettonico che venne aggiunto probabilmente in epoca gotica. Il
presbiterio terminava con un’abside semicircolare di fattura romanica e sul
fianco della navata destra, alla fine del presbiterio, si alzava l’alto
campanile. Rimaneggiata ancora nel 1604 e poi nuovamente intorno al 1670 (a spese del benefattore Lodovico Bruzzoni),
e di nuovo nel 1733, quando a
spese del piovan Salvatore Bertella, fu restaurato
l’atrio, la chiesa di Sant’Agnese
avrebbe dovuto subire un radicale restauro negli ultimi anni del XVIII secolo, quando era ultimato il disegno
di Francesco Del Peder,
“proto” dell’Arsenale, tuttavia l’intervento non iniziò nemmeno a causa della
sopraggiunta fine della Repubblica. Soppressa la parrocchia in conseguenza
degli editti napoleonici, la chiesa venne chiusa il 15 ottobre 1810, spogliata meticolosamente di
ogni suppellettile ed ornamento e quindi, dal 1827, fu ridotta ad uso di magazzino per legna e carbone. Il 3
maggio 1839 l’edificio venne messo
all’asta e acquistato per lire 7.150 da Francesco
Charmet che, il 18 novembre dello stesso anno,
la cedette ai fratelli Antonangelo
e Marcantonio dei Conti Cavanis,
fondatori delle Scuole Pie che poi presero il loro nome. Dopo un radicale quanto disastroso
“restauro” interno, la domenica del 13 agosto 1854 la chiesa di Sant’Agnese
fu riaperta al culto, divenendo l’oratorio dell’Istituto che i padri Cavanis avevano fondato nell’adiacente Ca’ Da Mosto. Nel 1939
sia Ca’ Da
Mosto che la chiesa furono nuovamente restaurate, ma in questa
occasione la seconda venne praticamente ricostruita, con grave pregiudizio di
ciò che restava dell’antico aspetto: all’esterno
sopravvissero solo i pochi archetti sopra nominati, all’interno alcuni
frammenti della decorazione a fresco trecentesca. |
Dopo la meticolosa spoliazione
ottocentesca, l’interno della chiesa è oggi arricchito solamente da un
mosaico moderno in tessere di vetro sulla parete interna dell'abside,
ispirato ai mosaici tipici delle chiese bizantine
e romaniche. Dietro l'altare L'ultima cena, opera murale del
pittore veneziano Ernani Costantini, realizzata con la tecnica
dell'affresco nel 1968. Sulla base di quanto riportato dagli
storici, prima della soppressione del 1810 la chiesa era così dotata.
Primo Altare Altare della Università dei Poveggiotti ossia degli abitanti dell’isola
lagunare di Poveglia
che avevano quale loro patrono appunto San Vidal (San Vitale). all'altare: tavola San Vitale armato e i figli San Gervasio e
San Protasio della scuola del Damiano. secondo altare altare: eretto a spese di Andrea Berengo. all'altare: tela San
Giacomo Apostolo di A. Varotari. terzo altare all'altare: tela Mosè
fa scaturire l’acqua dalla roccia e tela Manna nel
deserto di A. Vassillacchi
detto l’Aliense. quarto altare (cappella del Santissimo) all'altare: tela Quattro
Evangelisti di di A. Vassillacchi
detto l’Aliense. quinto altare all'altare: tela Cristo
davanti a Pilato di O. Fialetti.
PRESBITERIO altar maggiore: eretto da Lodovico Bruzzoni,
all’epoca Guardian Grando
della schola granda
de la Misericordia, tra il 1670 e il 1674 (fu venduto
nel 1836 alla parrocchiale di Spresiano in
provincia di Treviso, che venne completamente distrutta nella prima guerra
mondiale). all’altare: pala Martirio di Sant’Agnese di A. Foller. portelle dell’organo:
all’esterno Padre Eterno con Sant’Agnese e fedeli di M. Verona all’interno Annunciazione
di A. Foller.
quinto altare quarto altare all’altare: tavola Gesù, San Girolamo e San
Sebastiano della scuola del Damiano. terzo altare all’altare: tavola Natività della Vergine di A. Foller. secondo altare all’altare: tela Sposalizio della Vergine di P.
Malombra. Primo Altare all’altare: tela Cristo
nell’orto di B. di Negri.
altare: fatto
costruire da Lodovico Bruzzoni
nel 1677.
Ricevimento
dei pescatori di Poveglia da parte del Doge di autore ignoto. Cena della scuola del
Tiziano.
In questa chiesa si veneravano i corpi
di: ·
San Venereo che, morto nel 610, fu portato a
Venezia da Porto Venere dall’armata l’anno 860; il corpo del Santo scomparve
nell’ultima ricostruzione della chiesa. ·
San Secondino, martire.
Tra i sepolcri presenti, pare fosse
memorabile quello dell’ambasciatore di Spagna presso la Repubblica di
Venezia, Isidoro Casado
de Azvedo y Rosales,
marchese di Montelèon e visconte di Alcazar Real.
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Portale e facciata: Il disastroso “restauro” cui fu
sottoposta la chiesa nel 1939 ebbe
quale eclatante risultato la completa perdita della bella facciata in pietra
d’Istria, i cui blocchi vennero smontati e venduti, facendo con ciò arretrare
l’ingresso della chiesa di parecchi metri rispetto all’originale sedìme e creando davanti l’attuale, semplicissima facciata
in cotto l’odierno sagrato. |
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L'interno: Lo Stringa,
che scriveva al principio del secolo XVII,
notava che in quel tempo la chiesa sommava undici altari (cinque per ciascuna
navata e l’altar maggiore), tutti assai ricchi e di ottima fattura. Dopo la minuziosa spoliazione degli
arredi avvenuta con la soppressione del 1810,
ai nostri giorni la chiesa si presenta assai spoglia ed essenziale, senza
intonaci interni, con i mattoni in cotto e le travature in legno a vista e
senza opere di particolare rilievo. |
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Il campanile: (Campaniel) Costruito nel corso del XII secolo, l’alto campanile è ben
visibile nella veduta di Venezia del 1500
del De’ Barbari, addossato al fianco della navata destra vicino al
presbiterio. Era costituito da una robusta canna e dalla cuspide conica
poggiante sul tamburo a pianta quadrata. In città esso rassomigliava a quello
della chiesa di Sant’Anzolo, che venne anch’esso
successivamente demolito. Dell’antica struttura, demolita a cavallo
fra il 1837 ed il 1838, oggi più non rimane che un
basso tronco, sul quale è stato in seguito innestato un modesto campaniletto a vela. |
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Bibliografia: Umberto Franzoi / Dina Di Stefano “Le chiese di Venezia” Azienda Autonoma
Soggiorno e Turismo, Venezia 1975 Giulio Lorenzetti “Venezia e il suo estuario” Edizioni Lint, Trieste 1956 Cesare Zangirolami “Storia delle chiese e dei monasteri delle scuole di Venezia rapinate
e distrutte da Napoleone Bonaparte” Arti grafiche E. Vianelli, Mestre 1962 Alvise Zorzi “Venezia scomparsa” volume secondo Electa Editrice, Milano 1977 Tudy Sammartini / Daniele
Resini “Campanili di Venezia” Edizioni Grafiche
Vianello, Treviso 2002 |