proprietà
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L’edificio, costruito per conto della
famiglia Barbarigo, fu da essa abitato per
secoli, passando in eredità ai Giustinian nel 1843, che vendettero ogni
cosa. Dopo varie peripezie, Ca’ Barbarigo de la
terassa è oggi suddivisa in uffici (Centro tedesco di Studi
veneziani, al primo piano nobile), in residenza (un Ramo della famiglia
Loredan, al secondo piano nobile) e hotel di lusso (piano terra e mezzanino
al di sotto della terrazza).
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descrizione
architettonica
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Ca’ Barbarigo de la
terassa è un’imponente edificio costruito fra gli
anni 1568-69 dall’architetto Bernardino Contin, ticinese, sull’area in
precedenza occupata da due edifici di proprietà della famiglia stessa. Pienamente
intuibile anche dall’esterno, la planimetria interna è a forma di “L”.
I
lavori vennero commissionati da Daniele Barbarigo ma fu il figlio di
questi, Cristoforo, che la impreziosì dotandola di una ragguardevole pinacoteca
composta da 102 dipinti, che nel 1850 il discendente Nicolò Giustinian
Barbarigo vendette in blocco allo Zar Nicola I ed oggi costituiscono il
vanto delle collezioni dell’Ermitage a Leningrado.
La facciata principale dell’edificio, che stranamente prospetta sul rio
de San Polo mentre invece è l’ala del lato minore che
guarda verso il Canalasso, presenta tipici stilemi tardo-rinascimentali e si
sviluppa su cinque piani: pè pian
(piano terra), mezzanino per gli uffici commerciali, due soleri (piani) nobili ed il
mezzanino sottotetto per la servitù.
Al pé pian si aprono tre porte da mar, di cui la principale, collocata
centralmente, ha arco a tutto sesto con la testa di Daniele scolpita sull’arco
di volta e stretta fra le finestre laterali di pé piane mezzanino richiama
visivamente alla serliana; le due porte laterali, poste vicino agli angoli,
hanno meno risalto rispetto alla prima, pur assolutamente non sfigurando
quanto all’accuratezza della realizzazione. Nello spazio fra le porte, a
contatto con il comun marin, sono
graziosamente inseriti due oculi.
Al primo
piano nobile si evidenza la quadrifora centrale ad arco a tutto sesto architravata,
con slanciate colonne dai capitelli ionici e pergolo (balcone) aggettante. Curiosamente l’altezza delle due
coppie di monofore laterali (di diverso stile) non coincide con quella,
maggiore, della quadrifora.
Al
secondo piano nobile, meno slanciata della prima, l’altra quadrifora, anch’essa
ad arco a tutto sesto architravata, con colonne meno slanciate dai
capitelli ionici e pergolo
(balcone) aggettante. Le due coppie di monofore laterali ne ripetono il
medesimo stile.
Il
mezzanino sottotetto ricalca la disposizione delle sottostanti aperture, con
la piccola quadrifora centrale architravata e le coppie di monofore
laterali. Chiude il prospetto il robusto frontone aggettante, con i barbacani poggianti su largo cornicione
marcapiano.
La facciata laterale, larga quanto una stanza ed alquanto disadorna, presenta
in ciascuno dei piani nobili due monofore a tutto sesto con pergolo
aggettante ma gode della vista diretta sul Canalasso. A sinistra confina con Ca' Pisani Moretta, alla
quale è collegata da alcuni “passatici”, ossia collegamenti aerei che
scavalcano lo stretto ramo Pisani, oggi
murati, che ricordano il tempo in cui Ca’ Barbarigo de la
terassa e Ca’ Pisani Moretta formavano un’unica
grandiosa magione, unite nel 1793 dal matrimonio fra Filippo Barbarigo e
Chiara Pisani Moretta.
Sulla destra
lo spazio è riempito da un basso fabbricato, con il prospetto elevato a
comprendere il pé pian ed il
mezzanino ed al centro una grande porta da
mar con arco a tutto sesto e mascherone in chiave, uguale a quella principale sul rio. Al di sopra si trova la grande (1.100 mq.) e famosa
terassa (terrazza), delimitata da
una bianca ed armoniosa balaustra, graziosamente inserita al canton (angolo) fra il Canalasso ed il rio de San Polo. Alla terassa
si accede dal primo piano nobile ed anticamente essa costituiva il giardino
pensile della dimora, che fu però definitivamente smantellato durante i
lavori di restauro del 1969/70.
All'interno,
un ristretto numero di stucchi, di affreschi sopra le porte interne, di pitture
del XVI secolo ai soffitti e i ritratti dei Dogi entro le nicchie della sala
adibita un tempo a biblioteca, sono sopravvissuti alla spoliazione
ottocentesca.
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