SESTIER DE

CANAREGIO

ciexa dei Gesuiti

CONTRADA

SS. APOSTOLI

 

 va indrìo

i Gesuiti  

la Santa  

le somegie  

 

Cenni storici:

L'edificio riunisce in sé una serie di importanti valenze politiche e religiose.

Esso è l'espressione visiva del ritorno dei Gesuiti a Venezia (1657), ma anche dei legami che gli stessi non avevano cessato di mantenere sia con Roma che con la cultura veneziana.

L'apparato assolutamente grandioso doveva inoltre celebrare anche l'agiatezza e le ambizioni di Ca’ Manin, famiglia di origine friulana, iscritta nel libro d'oro della nobiltà veneziana grazie ad una sostanziosa donazione quale contributo per le spese della guerra di Candia (1651).

Nel 1710 i Manin acquistarono il diritto di sepoltura sotto l'altar maggiore e, giusto le antiche tradizioni della nobiltà veneziana, si rese necessaria la costruzione di una cappella da adibire a tomba di famiglia. Per arrivare a ciò, essi s'impegnano nella spesa per la ricostruzione dell'altar maggiore e del presbiterio, che diventa così il punto di partenza per la completa riedificazione della chiesa che fino a questo momento era rimasta sostanzialmente quella dei Crosechieri, acquistata nel 1657 dai Gesuiti e da essi giudicata inadatta.

La famiglia Manin, desiderosa di emergere in città quale mecenate, propone l'architetto D. Rossi (1678-1742), il quale nel 1711 si porta a Roma per sottoporre alla Curia generalizia della Compagnia la valutazione del progetto, che verrà approvato nel 1713 prevedendo una vera e propria ricostruzione della chiesa.

Tra il 1713 e il 1714 vengono stipulati gli accordi necessari con le famiglie e le schole che possedevano diritti sulla chiesa dei Crosechieri. Viene deciso di smontare e ricostruire nella nuova chiesa il monumento funebre di Ca’ Da Lezze, quello del Dose Pasquale Cicogna e di Odoardo Farnese. Anche le schole che avevano acconsentito alla distruzione delle proprie cappelle avranno riconosciuta una nuova sede: è il caso della schola dei sartori, della schola dei samiteri e della schola dei passamaneri.

Mentre i Gesuiti si occupano, con proprio praefectus fabricae, della struttura architettonica e delle iconografie, la famiglia Manin affida il perpetuarsi della fama del casato alla decorazione della navata, del presbiterio e dell'altar maggiore. Lo stupefacente risultato artistico costituisce un unicum nell'architettura sacra del '700 a Venezia.

Un tratto del muro laterale destro della fabbrica preesistente sarà la sola struttura che i Gesuiti conserveranno nella ricostruzione della chiesa; essi però manterranno l'antica dedicazione del tempio all'Assunta, collocando la pala del Tintoretto in posizione privilegiata, cioè nel transetto sinistro, di fronte all'altare del loro fondatore, Ignazio da Lojola.

La chiesa venne consacrata ed iniziò ad essere officiata intorno al 1721-22 quando solo due altari erano stati completati: quello maggiore (Santissima Trinità) e quello della cappella a destra (San Francesco Saverio).

Opere d'arte:

navata

sulla volta a "botte ribassata", dalla porta d'ingesso:

affreschi: Abramo che adora i tre angeli e La visione di San Giovanni Evangelista

stucchi: in arancio dorato, verde, bianco e rosato.

controfacciata:

il monumento funebre Ca’ Da Lezze, progettato da J. Sansovino (metà del XVI secolo) era già esistente nella precedente chiesa dei Crosechieri e venne riedificato dai Gesuiti sul sito originario. Realizzato su due ordini, rispettivamente di 4 e 8 colonne, presenta sui sarcofagi i busti di: Priamo Da Lezze (al centro, busto di A. Vittoria), di Andrea Da Lezze (a sinistra, opera di G. del Moro) e di Giovanni Da Lezze (a destra, pure opera di G. del Moro). Costituisce il primo esempio di un monumento funebre per celebrare una famiglia patrizia.

lato destro, prima cappella:

all'altare: dipinto Angelo Custode di J. Palma il Giovane

schola dei samiteri

lato destro, seconda cappella:

all'altare: statua di Santa Barbara di G. M. Morlaiter (1669-1781). La schola dei sartori ebbe qui assegnata la nuova cappella in sostituzione di quella demolita nella vecchia chiesa dei Crosechieri. Le forbici, insegna della schola, sono ripetute nella balaustra e ritornano sugli stipiti della sede affacciata sul campo. I protettori dell'Arte, Santa Barbara e San Omobono, sono riconoscibili sbalzati sul cancelletto che immette nella cappella (1753).

lato destro, terza cappella:

all'altare: dipinto Lo Spirito Santo, Santa Maria, San Marco e i santi gesuiti Stanislao Kotska, Luigi Gonzaga e Francesco Borgia. Le corone depositate al suolo accomunano i tre Santi nel particolare rifiuto. Le Allegorie scolpite sopra l'altare raffigurano l'Umiltà, seduta con l'agnello in grembo; la Carità e nel mezzo l'immagine dell'Anima ragionevole e beata.

lato destro, cappella sotto la cantoria:

immagine lignea del Crocefisso (ultimi anni del '400 primi del '500). Un primo importante intervento edilizio iniziato dai Gesuiti dopo il loro rientro a Venezia del 1657 fu l'erezione a sinistra della chiesa di un ampio oratorio del Crocifisso, su richiesta e concorso nelle spese di molti senatori veneziani. E' probabile dunque che il Crocefisso costituisca la testimonianza più suggestiva a noi pervenuta dei Crosechieri a Venezia.

lato destro, braccio del transetto:

all'altare: (nella posizione tradizionale per una chiesa gesuita) eretto a spese del senatore Vettor Grimani): la statua del fondatore della Compagnia di Gesù, Sant'Ignazio che scrive le Costituzioni della Compagnia di Gesù. Sulle ali del timpano, ai lati della grande statua: Fede e Carità.

nel paliotto: da sinistra, bassorilievi Ignazio scambia i vestiti con un povero; Ignazio a Manresa; La visione de La Storta.

cappella a destra della maggiore:

all'altare: pala con il grande missionario San Francesco Saverio che predica in Oriente, completato nel fastigio da Angeli. Venne eretto come ex voto del Conte Giovanni Paolo Giovanelli.

parete destra: ritrovò sede il monumento funebre a Orazio Farnese eretto per volere del Senato nel 1675, in ricordo dell'eroica condotta del capitano nella battaglia dei Dardanelli del 1654.

crociera:

sul cupolino: affresco Il trionfo del nome di Gesù

ai quattro pilastri d'angolo: gli arcangeli Gabriele, Michele, Raffaele e Sealtiele. L'arcangelo Gabriele ("Potenza di Dio") è collocato sul pilastro a destra dell'altare, la raffigurazione ha sostituito il giglio con lo specchio ustorio che rifletteva la luce della fiaccola che egli teneva nella mano destra, (il Verbo fatto carne come "Luce, quella vera che illumina ogni uomo" - Giovanni 1,9). L'arcangelo Michele ("Giustizia di Dio") è collocato sul pilastro a sinistra, mentre ricaccia Lucifero nell'abisso. L'accesso al presbiterio è presidiato a sinistra dall'arcangelo Raffaele ("Dio guarisce"), prototipo dell'angelo custode, assieme al pesce e al piccolo Tobia. L'arcangelo Sealtiele è l'unico che non raffigura il rapporto discendente da Dio ma quello ascendente della creatura, innalzando egli al Creatore la sua preghiera.

presbiterio:

nella volta: affresco Angeli musicanti in gloria

altar maggiore: dedicato alla Santissima Trinità, consta di un colossale baldacchino con cupola a squame bianche e verdi, che poggia su dieci colonne tortili di marmo verde.

Sopra il sontuoso tabernacolo, incrostato di lapislazzuli, è posizionato il gruppo marmoreo costituito dal Padre Eterno e Cristo seduti sul globo terrestre e la scritta sola fide sufficit (la fede è tutto ciò che serve).

 

Da un'apertura sotto la cupola del baldacchino appare, sullo sfondo, la raggiera dello Spirito Santo circondata dagli spiriti celesti.

A testimonianza di quanta cura fu posta nel mantenere stretto il legame con il contesto e la tradizione, si volle incidere, a pala rimossa della schola dei boteri e chiesa dei Crosechieri demolita, il contrassegno della botticella sul pavimento in corrispondenza della parete destra dell'altar maggiore. Questa era infatti la collocazione originaria del dipinto.

Ai lati dell'altare: sulle colonne libere del presbiterio, gli arcangeli Barachiele e Uriele. L'arcangelo Barachiele ("Benedizione di Dio") è collocato sul lato destro del ciborio, e la tradizione vuole illuminasse il cammino di Israele. A sinistra l'arcangelo Uriele ("Luce di Dio"), è collocato sulla porta dell'Eden e la spada fiammeggiante è sostituita da una lampada eucaristica.

Ai piedi dell'altare: sepolcro della famiglia Manin.

cappella a sinistra della maggiore:

all'altare: pala con Transito di San Giuseppe (secolo XVII). Nel coronamento plastico sopra l'altare, tre Allegorie.

porta della sagrestia:

Attorno alla porta è posto il monumento funebre al Doge Pasquale Cicogna (1585-1595) opera di G. Campagna dei primi anni del '600. Il Dose era particolarmente legato ai Crosechieri, dei quali fu munifico protettore del loro ospeal, ed aveva espresso la volontà di essere sepolto nella loro chiesa. Le scritte sul monumento ricordano la guerra di Candia (Creta), la pestilenza a Padova, la carestia per la Repubblica. Viene ricordato anche un episodio del 1653 quando egli salvò con le sue mani l'ostia benedetta rapita dalle mani del sacerdote da una folata di vento.

lato sinistro, braccio del transetto:

all'altare: (realizzato nel 1723-24 da G. Pozzo per conto di Paolo Querini, procurator de San Marco) dipinto dell' Assunta (1555), opera giovanile di J. Tintoretto, già sull'altar maggiore della precedente chiesa dei Crosechieri. Alla pala fu riservato l'altare che la tradizione gesuitica riserva a Francesco Saverio, di fronte a quello del fondatore Ignazio. Nel dipinto lo stemma dei Crosechieri è collocato al centro del marmo sepolcrale. L'apparato plastico, di G. Torretti, raffigura la Modestia, la Verginità e gli Angioletti con il cartiglio.

lato sinistro, terza cappella:

la cappella apparteneva alla schola de devozion de l'Imacolata Concezion, come appare dalla scritta posta sulla base delle colonne. La sede della schola è ancora oggi riconoscibile in campo. All'altare: Sacro Cuore di Gesù copia di A. Revera (seconda metà del secolo XIX) dall'originale del Battoni.

lato sinistro, seconda cappella:

la cappella colpisce per il fatto che essa sorge in corrispondenza di murature demolite, nell'identico sito occupato nella precedente chiesa dei Crosechieri dalla "cappella della Madonna". All'altare la statua della Madonna con Bambino (prima del 1604), peraltro unica superstite della cappella precedente.

lato sinistro, prima cappella:

all'altare: Martirio di San Lorenzo capolavoro in suggestivo "notturno" del Tiziano (1588), il dipinto apparteneva alla precedente chiesa dei Crosechieri.

L'altare era utilizzato dalla schola dei passamaneri.

in sagrestia:

sopra la porta d'entrata: Martirio di San Giovanni Battista tra San Lanfranco e San Liberio (1610) di Palma il Giovane per l'altare della schola dei varoteri (sostituì San Lanfranco tra San Giovanni Battista e San Liberio, di Cima da Conegliano oggi al Fitzwilliam Museum di Cambridge.

sul piccolo altare: Madonna col Bambino tra Santa Caterina e una Santa Martire, papa Cleto e un Santo monaco (1620) ai lati: Angeli con tromba (1620) di Palma il Giovane.

da destra in senso orario: Il serpente di bronzo; Sant'Elena; San Cleto; opere del 1592-93 di Palma il Giovane. Sant'Elena ritrova la vera croce; l'Imperatore Eraclio riporta la croce al Calvario; opere del 1620-25 di Palma il Giovane. Le due tele con l'Annunciazione sono le uniche non inserite nel catalogo delle opere di Palma il Giovane.

dall'altare verso sinistra: i due teleri ospitano ognuno due episodi della storia dei Crosechieri: San Cleto papa fonda l'Ordine dei Crociferi - San Ciriaco vescovo di Gerusalemme riconferma l'Ordine; San Ciriaco; Alessandro III conferma i Crociferi e dona loro la regola - Pio II consegna ai Crociferi la croce d'argento e l'abito ceruleo; San Lanfranco.

al soffitto: tele del 1589-90, quasi coeve al ciclo nell'Oratorio dell'ospeal. a sinistra rispetto all'altare: Elia nutrito dall'angelo, a destra: David riceve dal sacerdote Achimelec i pani offerti nel santuario. al centro: Caduta della manna. dall'angolo a sinistra dell'entrata: Matteo e Gregorio Magno; Giovanni e Agostino; Marco e Ambrogio; Luca e Girolamo.

 

Facciata:

Anche il progetto della facciata spetta a D. Rossi, la sua realizzazione invece a G. Canziani e G. B. Fattoretto.

Iniziata nel 1721 e conclusa nel 1728, essa si pone quale legame fra il gusto della Roma barocca e l'architettura veneta. Il prospetto è diviso in due ordini: quello inferiore è mosso dall'alternarsi di nicchie con le statue di Apostoli e dalle colonne corinzie su alti basamenti, che sorreggono le rimanenti otto statue. Al di sopra delle statue esterne è ripetuto lo stemma di Ca’ Manin.

A differenza del primo, l'ordine superiore si caratterizza per un ritmo compositivo più disteso, sottolineato dall'inserimento centrale di un ampio finestrone rettangolare, fra le superfici piene dei due riquadri litici.

Infine, il coronamento è costituito dal grande timpano triangolare, sottolineato dalla doppia cornice che gira anche l'angolo esterno.

a sinistra del portale:

San Pietro, esterno: San Giacomo Maggiore

a destra del portale:

San Paolo, esterno: San Matteo Evangelista

sul cornicione, da sinistra:

San Giovanni Evangelista, defilato: San Tommaso, (curiosamente l’unico raffigurato senza lo strumento del martirio, ma con la squadra con cui stava architettando un palazzo per il re dell'India, paese da dove proveniva dopo aver ricevuto l'annuncio del sepolcro vuoto), segue San Giacomo Minore, San Giuda Taddeo, San Filippo, San Bartolomeo, defilato: San Simone, segue Sant'Andrea.

sul timpano:

Maria Assunta fra gli angeli

Interno:

Il modello costruttivo, che spetta anche qui all'architetto D. Rossi, risponde appieno ai canoni sfarzosi tipici delle chiese dei Gesuiti, presentando in questo contesto non poche analogie con la chiesa del Gesù a Roma.

La pianta è a croce latina ad una sola navata longitudinale e lo spazio risulta diviso in varie zone di profondità. Ai lati della navata si aprono i grandi archi delle profonde cappelle laterali alternati a tratti di muratura continua, sottolineati da alte lesene.

All'altezza del pulpito si allineano i "coretti", una struttura tipica dell'architettura gesuitica, collegati da un corridoio alla "Casa". Qui si portavano in qualsiasi momento della giornata i padri e gli allievi gesuiti per raccogliersi in preghiera.

La navata si restringe davanti alla crociera, sostenuta da grandi pilastri tagliati obliquamente che mascherano il transetto e guidano lo sguardo verso il presbiterio. In questo caso il transetto sporgente rappresenta un'eccezione nell'architettura gesuitica, modifica resa possibile dalla vastità dello spazio disponibile ma anche  alla munificenza di Ca’ Manin.

Nella campata successiva alla crociera, s'innalza il presbiterio, sgombro dal coro (in quanto sostituito dai "coretti"). La volta che lo ricopre poggia su quattro colonne libere. Si nota lo studio particolare degli effetti decorativi, che si spinge a coprire il pulpito con un tendaggio marmoreo damascato ed i gradini del presbiterio con un finto tappeto. Coerentemente con l’apparato, anche il pavimento presenta un elaborato disegno a intarsi di marmo bianco e nero. A terra, al centro del presbiterio, la tomba della famiglia Manin dove si legge l'iscrizione: AETERNITATI SUAE / MANINI CINERES

Tutte le superfici sono ricchissime di una fastosa decorazione, eseguita fra il 1725 e il 1731, unica nel suo genere nell'architettura del '700 veneziano: viene usato il marmo bianco e verde per il presbiterio ed il transetto, gli stucchi bianchi e oro per le pareti della navata e delle cappelle. Il pavimento della navata e del transetto, eseguito fra il 1731 e il 1736, ripete in pietra d'Istria e pietra verde la bicromia delle pareti.

Infine, la massiccia presenza angelica, che è distribuita lungo l'asse verticale che conduce al tabernacolo, il volo negli affreschi della volta, gli angioletti danzanti all'interno del baldacchino, poi angeli a sorreggere il globo, cherubini a sostenere il baldacchino in lapislazzuli e sei arcangeli a presidiare la zona presbiteriale.

Sagrestia:

ll progetto per la nuova chiesa dei Gesuiti inglobò anche l'area prima occupata dalla sagrestia dei Crosechieri, costituita da un vano rettangolare con l'altare psizionato in una rientranza aperta in uno dei lati più brevi.

La nuova sagrestia che si rese necessaria fu costruita su pianta quadrata e su un’area più ampia, con l’occasione anche ruotando di novanta gradi l'orientamento dell'altare.

La maggiore estensione delle nuove pareti fu utilizzata dai Gesuiti per aprirvi delle finestre.

Monastero:

I lavori, che portarono alla realizzazione dell'attuale complesso, assai più vasto del preesistente, si protrassero fino a tutto il '600, anche se l'ala che si trova più vicina alla chiesa, articolata attorno ad un chiostro classicheggiante, molto probabilmente doveva risultare agibile già alla metà del secolo XVI.

La difficoltà nel poter stabilire una cronologia precisa degli interventi edilizi è dovuta anche al fatto che, dopo la temporanea soppressione dell’ordine dei Gesuiti, avvenuto nel 1773, il complesso fu adibito ad altri usi affatto diversi: dapprima come scuola e poi, dal 1807, a caserma, con le conseguenti, pesanti  manomissioni interne per le necessità logistiche delle nuove destinazioni.

Oggi lo storico stabile, proprietà del Comune di Venezia, attente da lunghissimo tempo un nuovo utilizzo.

Campanile :

Il tozzo campaniel in stile romanico, assieme all’ospeal, costituisce il ricordo della vecchia chiesa dei Crosechieri.

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