SESTIER DE CANAREGIO |
ciexa del Corpus Domini |
CONTRADA S. LUSSIA |
Cenni storici: Abbadessa del convento
benedettino dei Santi Filippo e Giacomo nell’isola di Ammiana (laguna nord,
oggi scomparsa), nel 1366 Lucia
Tiepolo guidò il trasferimento della piccola comunità di suore nel terreno
posto sull’estremo lembo ovest di Venezia, in località conosciuta come cao de zirada. Sotto
l’invocazione del Corpus Domini e
con la protezione del Patriarca di Grado, Francesco II Querini, le suore
dapprima costruirono il convento e poi, il 17 dicembre 1375, iniziarono ad erigere la cappella in tavole di legno, avendo
ottenuto l’assenso da Bartolomeo, vescovo di Canea (isola di Candia) e
vicario del vescovo di Castello, Paolo Foscari, che in quell’anno era
deceduto. Lucia trovò l’aiuto necessario alla sua impresa nelle elemosine dei
fedeli ma in particolare grazie alle sovvenzioni di tale Francesco Rabbia,
facoltoso mercante di lana. Nel frattempo,
sollecitato in ciò dalle due sorelle del vescovo domenicano Tomaso Tomasini
Paruta, veneziano, il cardinale Giovanni de Dominici, poi Beato, chiese ed
ottenne da papa Bonifacio IX il permesso di poter fondare a Venezia, nel sito
dove sorgeva il precario complesso del Corpus
Domini, un tempio ed un monastero di suore domenicane. La nuova
fabbrica, alle cui spese concorsero largamente le sorelle Tomasini, Marco
Paruta e le elemosine dei fedeli, venne iniziata nel 1393 e già il 29 giugno 1394
essa poteva accogliere le suore, delle quali l’ormai ottuagenaria Tiepolo fu
eletta prima Priora. Il 10 agosto 1410 un furioso incendio
semidistrusse il modesto complesso, facendo crollare la chiesa assieme a
molti degli edifici attigui. Intrapresa immediatamente la ricostruzione,
tutto rimase tuttavia in condizioni di precaria abitabilità fino a quando,
nel 1440 Fantin Dandolo, futuro
vescovo di Padova, finanziò la completa ricostruzione degli edifici, la cui
prima pietra venne posta dal vescovo di Castello Lorenzo Giustinian (che nel
1451 diverrà il primo Patriarca di Venezia) e dallo stesso consacrata il 12
luglio 1444. Dopo questa
ricostruzione la chiesa più non mutò fino alla sua distruzione in età
napoleonica. Caduta la
Repubblica, nel corso della seconda occupazione francese, per gli effetti del
decreto vicereale del 28 luglio 1806
sulle concentrazioni e le soppressioni degli istituti religiosi, il monastero
del Corpus Domini venne dichiarato di seconda classe ed in esso vennero
concentrate le 7 domenicane del convento di Santa Maria del Rosario e una
parte delle 35 francescane del convento del Santo Sepolcro che vennero
chiusi. Il 25 aprile 1810 Napoleone firmava a Compiègne un
nuovo decreto in materia di soppressione dei monasteri, il cui contenuto
venne però comunicato ai religiosi e alle religiose il 12 maggio seguente. A
Venezia l’editto causò la chiusura di altri 15 monasteri maschili e 25
conventi femminili. Nell’elenco erano comprese questa volta anche le
domenicane del Corpus Domini, che in capo a due mesi dovettero lasciare
liberi chiesa e convento, che vennero definitivamente soppressi. Spogliato degli
arredi, dei dipinti e delle suppellettili sacre, venduti o trasportati altrove,
nel 1815 tutto l’antico complesso
veniva completamente demolito. Sul sito venne
più tardi innalzato il Palazzo delle Poste, collegato alla stazione
ferroviaria, il quale attualmente è stato acquistato dalla Regione Veneto per
ospitare i propri uffici.
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Opere d'arte all'interno: Continuamente
abbellito ed adornato il suo interno, nel 1676 le pareti erano letteralmente
coperte dall’esposizione di pitture, tanto che a detta dei contemporanei non
restava vuoto un solo palmo. Fra le molte
reliquie possedute, particolarmente venerato era il corpo di San Fausto
Martire. All’interno si
vedevano le lapidi sepolcrali dei fondatori della chiesa, Tomaso Tomasini
Paruta e Fantin Dandolo (oggi entrambe nella raccolta lapidea del Seminario
Patriarcale). Dopo la
demolizione uno degli altari è stato trasportato nella chiesa di San Piero de Castelo, dove ancora si trova. controfacciata: Monumento
Gradenigo Vi erano
raffigurati tre membri della famiglia: Agostino, patriarca di Aquileia (m.
1629), Marco, dapprima duca di Candia e poi successore di Agostino nel
patriarcato, e Daniele, fratello di Marco. sul coro
delle monache: dipinto Davide trasporta l’Arca di A. Molinari. lato
sinistro, secondo altare: tavola Madonna e angeli che porgono il Bambin Gesù a Sant’Antonio
da Padova
di A. Zanchi (ceduta nel 1839 alla
chiesa di San Vito d’Asolo) altare: pala Sacra famiglia di A. Molinari lato
sinistro, quarto altare: fatto costruire
da Bernardo Moro, eletto Procurator de San Marco nel 1537 pala Gesù morto, le Marie ed un angelo di G. Porta detto il Salviati (ora presso la chiesa prepositurale di Viggiù in
Lombardia) porta
cappella maggiore (sagrestia): Cristo e la samaritana dipinto di B.
Scaligero (spedito
a Vienna) Altar
maggiore: all’altare: pala Padre Eterno e angeli di M. Ingoli. alla parete: Moltiplicazione dei pani e dei pesci all’altro lato: le nozze di Cana, due quadri di B. Scaligero porta
cappella maggiore: Storia di Cristo dipinto di B. Scaligero altare: fatto costruire
nel 1590 da Giorgio Querini pala Adorazione dei Magi di J. Palma il giovane (ora presso la
chiesa dello Spirito Santo, Contrada San
Gregorio - Sestier de Dorsoduro) lato
destro, primo altare: Schola di Santa Veneranda pala Santa Veneranda in trono, le Sante Maddalena, Caterina,
Agnese, Lucia e due angeli che suonano il liuto di L. Bastiani. Dipinto della scuola
veneta di grande prestigio, dopo essere stato a Vienna dal 1838 al 1919, oggi
si ammira presso le Gallerie dell’Accademia di Venezia. altare: pala San Pietro Martire e i Santi Nicolò ed Agostino
di Cima
da Conegliano (oggi
presso la Pinacoteca di Breba a Milano) alle
pareti: dipinto Madonna, San Domenico e Santi di A.
Molinari dipinto Transito di San Domenico di G.
Fumiani dipinto Madonna con San Pio V di G. Fumiani
(ceduta
nel 1843 alla chiesa di San Lorenzo a Vicenza) dipinto Miracolo di San Domenico di G. Lazzarini (ceduta in deposito nel
1839 alla chiesa di Sant’Orso, a Schio) dipinto Madonna con San Gregorio e Santi di G. Lazzarini (ceduta in deposito nel
1839 alla chiesa di San Giacomo di Guja) dipinto San Domenico getta nel fuoco i libri eretici di S.
Ricci dipinto Comunione degli Apostoli di S. Ricci (tela suddivisa in due
comparti, nell’uno era rappresentata la scena principale, nell’altra la stanza
della cena. Opera oggi in Bucovina spedita nel 1852 all’arcivescovo di
Leopoli) dipinto Ultima cena di S. Ricci entro il
recinto della clausura monastica: anconeta in
tredici comparti Storie di Cristo di A.
Viviarini (o
Quirizio da Murano), oggi presso la Pinacoteca alla Ca’ d’oro di Venezia. tavola Trinità e Santi di Anonimo
veneto (spedita
a Vienna) tavola in tre
comparti Madonna e Santi di Anonimo
veneto (spedita
a Vienna)
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Facciata e portale: Arretrata sulla
fondamenta rispetto alle altre costruzioni, così prospettando su un piccolo
sagrato, la chiesa aveva l’aspetto tipico delle chiese gotiche veneziane del
‘400, con facciata a capanna scandita da doppie lesene e archetti ciechi che
segnavano le due falde coronate da guglie. Il portale,
ogivale, era decorato da motivi floreali in pietra che correvano lungo la
linea dell’arco. Le finestre
laterali e il rosone centrale, che compaiono nelle incisioni più antiche, non
sono però riportate in quelle settecentesche. |
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Campanile: Lungo il fianco
sinistro della chiesa si alzava il campanile, di stile trecentesco, piuttosto
tozzo e con il tetto a falde. |
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Festa
del Corpus Domini Prima che fosse spostata in piazza San Marco, era proprio qui, in cao de zirada, che veniva festeggiata con grande pompa la solennità del Corpus Domini. Vi interveniva il Dose e la Signoria, il Patriarca ed il Clero, i numerosi confratelli delle Schole Grandi, i Guardiani di tutte le schole de devozion del Santissimo Sacramento di Venezia, nonché moltissimi nobilomeni e cittadini. Fu nel corso del 1440, essendo Dose Francesco Foscari, che il Senato deliberò lo spostamento della cerimonia del Corpus Domini presso la ciexa ducal de San Marco. A sostituire il Dose vennero allora inviati un Procurator de San Marco e due Consiglieri Ducali, mentre in luogo del Patriarca presenziava un vescovo. La cerimonia iniziava ora al mattino in piazza San Marco con la processione solenne e si concludeva presso la chiesa del Corpus Domini nel pomeriggio, alla presenza di una gran folla assiepata per l’esposizione del Sacramento che in questa giornata era trasferito in processione dalla vicina chiesa di San Geremia a cura della confraternita dei Nobili. Dopo il ritorno alla chiesa di partenza con la seconda processione, la giornata si concludeva alla sera con il “fresco” in barca, mentre dalle rive, allietate da abbondanti libagioni, si levavano musiche e canti. Era vicino alla chiesa del Corpus Domini che sorgeva la Schola del Santissimo, capo e matrice di tutte le schole, sufragi e sovegni esistenti in città, che perciò riceveva annualmente sovvenzioni in denaro da parte delle Schole grandi e da tutte le schole del Santissimo di ognuna delle settanta Contrade cittadine. La Schola era composta da Procuratori de San Marco, nobilomeni, mercanti e cittadini. |
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