SESTIER DE

CANAREGIO

ciexa de la Madalena

CONTRADA

MADALENA

 

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CENNI STORICI:

Si ha notizia che fra il 1220 e il 1222, presso lo stretto rio che poi assumerà il nome della Santa, a spese e per volontà della famiglia Baffo o Balbo, che sin dal X secolo aveva in questo luogo costruito la sua caxa fortificata, fu eretto un oratorio dedicato a Santa Maria Maddalena Penitente.

Stabilita nel 1356 la pace tra Genova e Venezia, il giorno dedicato alla Maddalena venne dichiarato festivo per decisione del Senato e l’oratorio venne ingrandito a spese pubbliche, includendovi anche una delle torri di guardia, che fu adibita a campanile.

L’immagine della chiesa originaria ci è stata tramandata dal de’ Barbari nella sua celebre veduta di Venezia del 1500, dove si individua con facilità un edificio con semplice struttura a capanna ad una sola navata e con l'abside rivolta verso il rio de la madalena.

Agli inizi del Settencento la chiesa subì un intervento di restauro, anche se lo stesso in verità dovette concentrarsi principalmente sulla parte terminale del campanile, che venne infatti rialzato.

Nel 1758 si decise di bandire un concorso di idee per una ricostruzione, al termine del quale si distinsero i progetti di tre architetti: Giorgio Massari, Giovanni Vettori e Tommaso Temanza. Fu quest'ultimo che ebbe la meglio sui primi due, che vennero esclusi in quanto il loro disegno fu considerato troppo "voluminoso".

Risparmiando il campanile, nel 1760 la vecchia chiesa venne completamente rasa al suolo e si partì con la costruzione della nuova fabbrica secondo il progetto del Temanza (parente del Tirali e nipote dello Scalfarotto), in quegli anni il maggior rappresentante del neoclassicismo veneziano.

Avendola pensata più piccola della precedente, per la nuova chiesa l’artista adottò uno schema planimetrico avente un perimetro esterno perfettamente circolare. Con l’occasione venne anche mutato l’orientamento dell’edificio, che infatti fu fatto ruotare di 90 gradi, portando così l’ingresso principale a guardare ora verso il campo.

Sebbene la consacrazione de la Madalena avvenne nel 1778, è certo che i lavori poterono dirsi veramente conclusi solo nel corso del 1789, così che alla città fu donato uno degli esempi più lucidi di architettura neoclassica veneziana. Non per questo l’edificio fu esente dalle forti critiche dei contemporanei, colpiti in particolare dalla evidente ispirazione laica al modello romano del Pantheon, ottenuta mediante l’assemblaggio fra una bassa cupola ed un tamburo, con l’ingresso preceduto dal pronao.

La forma cilindrica della chiesa ed il suo completo rivestimento di marmo bianco costituisce ancora oggi un singolare contrasto con gli altri edifici che si affacciano sul campo, le cui case sono caratterizzate da una bassa volumetria, da un grande numero di camini “a cono rovesciato” e con facciate dove le fronti sono sorrette dai tipici barbacani.

In seguito agli editti napoleonici, nel 1810 alla chiesa fu revocata dal ruolo di parrocchiale e nel corso del 1820 fu chiusa, per essere riaperta poco dopo come oratorio sacramentale.

Attualmente essa è una chiesa rettoriale dipendente dalla parrocchia di San Marcuola (vicariato di Cannaregio-Estuario, patriarcato di Venezia).

Attualmente questo edificio viene sovente utilizzato per manifestazioni artistiche.

OPERE D’ARTE:

delle originarie tele settecentesche, poche si sono conservate; degne di nota sono rimaste:

dipinto: Apparizione della Vergine a San Simeone Stock (1760), opera di G. Angeli, seguace del Piazzetta.

dipinto: L'ultima Cena ('700), replica dall’opera di G.D. Tiepolo.

sopra la porta d'ingresso: Sacrificio di Isacco (secolo XVIII) scuola veneziana di Anonimo.

altre tele settecentesche, opera della scuola di G.B. Piazzetta.

Nel 2005, nel corso dei restauri per la rimozione dello scialbo dalle pareti (l'imbiancatura che è stata data nel XIX secolo), per recuperare l'originario marmorino settecentesco (un intonaco liscio, lucido, fatto con polvere di marmo, di particolare resistenza), è stato riportato alla luce, nella lunetta sopra l'altare, un affresco allegorico, a monocromo, di Giandomenico Tiepolo rappresentante la Fede e che originariamente sovrastava il dipinto: Ultima Cena, conservato fino al 1845 nella chiesa.

Nel 1791 l’altare viene concesso all’uso dell’Arte dei Fenestreri che avevano la sede della schola proprio dietro la chiesa, nell’edificio addossato all’abside.

LA FACCIATA E IL PORTALE:

Di grande valore architettonico è il portale d’ingresso, che realizzato a forma di pronao si trova addossato al volume dell'edificio.

Esso è preceduto da una breve scalinata (come il meno impegnativo portale laterale che guarda il rio) e formato da un alto timpano triangolare sorretto da due coppie di semicolonne con capitello e trabeazione di gusto ionico.

Nella lunetta sopra la porta d'ingresso vi è un bassorilievo contenente simboli che sono creduti massonici o templari, parendo che la famiglia Balbo appartenesse all'ordine templare.

Esternamente all'abside è incastonato, nel paramento marmoreo, un bassorilievo di origine quattrocentesca, raffigurante una Madonna col Bambino e santi.

L’INTERNO:

La chiesa presenta una pianta piuttosto insolita per Venezia: il perimetro esteriore è perfettamente circolare mentre quello interiore è strutturato su base esagonale.

L'interno, pienamente neoclassico, è concepito dal Temanza come uno grande spazio bianco, finito a marmorino. Le quattro cappelle radiali contrapposte, sono inquadrate da ampi archi a tutto sesto e sul muro di fondo di ogni cappella è posto l’altare tra due colonne corinzie che sostengono un timpano triangolare. In corrispondenza di ognuno dei dodici vertici della figura geometrica, stanno altrettante colonne ioniche, accostate a due a due ma con interspazio ornato da rilievi marmorei e statue entro nicchie. Esse reggono la trabeazione su cui poggia la grande copertura a cupola emisferica con lanterna, di chiara ispirazione all'architettura dell'antica Roma ed in particolare al Pantheon o alla tomba di Cecilia Metella.

La concatenazione dei diversi spazi si conclude con il  presbiterio e la sacrestia, che fuoriescono dalla fascia perimetrale mediante un corpo di fabbrica posteriore a struttura aggettante. Il presbiterio si apre al lato opposto dell’ingresso, mantenendo le caratteristiche architettoniche delle altre cappelle esso è a pianta quadrata e affiancato da esedre semicircolari, di cui quella sulla sinistra immette alla sagrestia attraverso un vestibolo pentagonale.

La sacrestia è collegata al  presbiterio attraverso un piccolo atrio di sezione poligonale; si sviluppa in diagonale sul lato sinistro della chiesa, verso il rio, con pianta perfettamente rettangolare.

Nonostante l’indiscutibile originalità, la Madalena deve molto a un edificio veneziano precedente, molto simile come impianto, e cioè la chiesa di San Simeon picolo, a sua volta opera del grande architetto Giovanni Antonio Scalfarotto, che non a caso fu maestro ma era anche lo zio di Tommaso Temanza, le cui ceneri riposano in questa sua chiesa.

IL CAMPANILE: (campaniel)

Come detto, in campo de la Madalena sorgeva fin dal X secolo l'antica caxa fortificata della famiglia Baffo e proprio da una delle torri dislocata in posizione arretrata rispetto al rio de la Madalena (che diverrà terà, ovvero fu interrato nel 1398) pare sia stato ricavato in seguito il campanile che per questo motivo mantenne fino alla demolizione l’appellativo di “Castel del Baffo”.

La celebre veduta di Venezia eseguita nel 1500 da Jacopo de' Barbari ne permette l’identificazione della struttura: a canna quadrata in mattoni a doppia lesena, cella campanaria aperta da trifore e coperta da un tetto a quattro falde.

Rimasto isolato nel campo dopo la demolizione della chiesa originaria, non più usato e trascurato esso divenne pericolante e fu abbattuto nel 1881, venendone realizzato dal Massari uno nuovo “alla romana”.

 

 

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