SESTIER DE

CASTELO

ciexa de Santa Maria Formosa

CONTRADA

S. MARIA FORMOSA

 

arrow_144.gif va indrìo

“andata” del Dose arrow_53.gif

va da la Santa right13.gif

somegie right13.gif

 

Cenni storici:

Posta al confine tra il sestier de San Marco e il sestier de Casteo, fulcro dell’arioso ed omonimo campo (uno dei più vasti della città) la chiesa di Santa Maria Formosa rappresenta uno degli edifici di culto più antichi di Venezia. La sua fondazione si vuole sia avvenuta nel VII secolo, a spese della famiglia Tribuno, dopo che a San Magno, vescovo di Opitergium (l’odierna Oderzo), la Vergine sarebbe apparsa in sogno comandandogli di costruire una chiesa nel punto dove egli avesse veduto formarsi una piccola ma candida nuvola. Al vago aspetto dell’apparizione si fece poi risalire la assai particolare denominazione della chiesa (“formosa” ossia “in forma di”).

Sebbene la totale assenza di documentazione nel periodo compreso tra il VI e il IX secolo, impedisce di avere un quadro certo sulle vicende accadute all’edificio in quel periodo, essendo comunque fuori discussione l’antichità della sua fondazione, i primi documenti nei quali la chiesa viene esplicitamente nominata risalgono al 1060. Da questi si ricava che nell’864, a spese dei figli di Marino Patrizio, la chiesa venne profondamente rinnovata e in quell’occasione essa acquistò il titolo di parrocchia. Santa Maria Formosa è una delle cinque chiese matrici della città e dal 1245 ospitò anche l’omonima congregazione del clero, una delle nove della città.

E’ ritenuto certo che anche questa fabbrica sia andata distrutta nel grande incendio che nel 1105 devastò larghissime porzioni della città, essa però venne subito ricostruita.

Ipotizzando che tra l’XI e il XII secolo la trama edilizia intorno al campo fosse molto simile a quella attuale, la chiesa rappresentava dunque la principale espressione architettonica dell’insula. Tralasciando, per quanto sopra detto, la chiesa fondata da San Magno, l’edificio eretto nel IX secolo fu posto con l’asse longitudinale perpendicolare alla riva sul rio del mondo novo e in leggero arretramento, a formare la fondamenta Santa Maria Formosa. La facciata principale era bloccata sulla destra da una casa (che poi ospitò la  Schola dei Bombardieri) che raggiungeva il filo del rio, mentre sul fianco sinistro, in questo tempo molto probabilmente ancora isolato, sorgeva il campanile romanico. Ad eccezione della facciata principale, il resto dell’edificio viveva nel campo Santa Maria Formosa retrostante, modulandolo con lo svolgersi del suo insolito perimetro.

Infatti, pur concepita fondamentalmente in stile bizantino, rispetto alle altre chiese veneziane coeve (o anche posteriori), che vennero tutte realizzate su pianta basilicale a tre navate, Santa Maria Formosa presentava invece un disegno planimetro a croce greca, con la cupola posta all’incrocio dei bracci e molto simile, a parere del Sansovino, “al corpo di mezzo della chiesa di San Marco”. La particolare schematizzazione planimetrica a croce greca venne peraltro mantenuta anche durante i secoli successivi, nonostante le radicali trasformazioni strutturali che interessarono l’edificio.

Giunta che fu alla fine del XV secolo, la chiesa dimostrava ormai tutta la sua vetustà, sia nelle  cadenti murature che nelle pessime condizioni statiche in cui versavano le strutture portanti. La ricostruzione, che ebbe inizio nel 1492, fu affidata al celebre architetto Codussi, il quale stimò di iniziare l’opera prima di tutto atterrando l’edificio. 

Successivamente, usufruendo delle medesime fondazioni dell’edificio del IX secolo e pur non alterando di massima l’antichissima disposizione planimetrica, egli non mancò di riversare sulla stessa il suo gusto di artista rinascimentale. Sull’esistente pianta a croce greca egli adattò infatti la pianta latina a tre navate, con presbiterio e absidi semicircolari. Quindi affiancò alle navate minori una serie delle profondissime cappelle, corrispondenti in larghezza alla campata della navata stessa, ottenendo così una considerevolmente dilatazione dello spazio interno. Sulle testate del transetto egli aprì gli opposti ingressi laterali e, prolungando per quanto necessario i muri d’ambito, li fece arrivare a coincidere da una parte e dall’altra con il primo semicerchio absidale; in questo modo poté ricavare altre due cappelle e gli ambienti della sacrestia.

L’odierna fronte della chiesa verso il rio del mondo novo corrisponde in realtà solo al corpo centrale della fabbrica, che invece, come visto, si era dilatato perché sommava alla larghezza del corpo delle navate vere e proprie anche la larghezza delle cappelle laterali. Ne consegue che sulla cappella di destra, adibita a battistero, si sovrappone il fabbricato che chiude fino al rio lo spazio del sagrato; la cappella a sinistra, che mette in collegamento la chiesa al campanile, fu sede della Scola de Devozion de Santa Maria Formosa (Purificazion) e de San Clemente e che, grazie alla sua configurazione architettonica con finestre e porta d’ingresso, dall’esterno essa appare come del tutto estranea alla struttura della chiesa.

La chiesa che il de’ Barbari delinea nella famosa veduta del 1500 risulta essere abbastanza corrispondente al progetto che il Codussi andava realizzando in quegli anni, ciò che ancora non appare costruito è la struttura della cupola, poiché i due bracci della croce si scorgono coperti di un semplice tetto a tegole.

Nel 1504, anno in cui morì l’architetto, la chiesa al suo interno era quasi completata, mentre non si poteva dire lo stesso per l’esterno che, a causa della lunga interruzione dei lavori che ne seguì, rimase per parecchi anni spoglio ed incompleto.

Infine, la facciata verso il rio del mondo novo fu eretta nel 1542 a spese della famiglia Cappello e, oltre mezzo secolo più tardi, nel 1604, ancora la famiglia Cappello erigeva a sue spese anche la seconda facciata sul campo Santa Maria Formosa.

Durante il terremoto del 1668 crollò la cupola, che però venne subito ricostruita a spese della famiglia Tassoni. Al termine dei lavori essa apparve tuttavia leggermente diversa da quella che aveva pensato il Codussi, avendo ora un arco di sezione più rilevato.

Nel 1810 la parrocchia perse alcune frazioni del territorio di pertinenza che furono assegnate a San Zaccaria, e a San Zanipolo, mentre incamerò quello di Santa Marina (che fu demolita), San Zulian e San Lio

Per dare maggiore luce all’interno, nel 1840 furono aperte le finestre del tamburo.

 

CONTROFACCIATA

Organo con tribuna marmorea, costruita nel 1542, in occasione di un rimaneggiamento dell’avancorpo della chiesa. A sinistra: ricordi funebre di Vincenzo Cappello, la cui statua ed urna sono collocate sulla facciata esterna.

a lato: entro cornice settecentesca, tela Madonna con Putto (secolo XVI).

 

NAVATA DESTRA

Prima Cappella

dedicata alla Concezione della Vergine Maria, era invocata dai sacerdoti della Congregazione del Clero di Santa Maria Formosa. Esisteva già nel 1125 ed era una delle più antiche Congregazioni, delle nove costituitesi a Venezia.

alla parete destra, sopra la porta:  coperchio di cassone, appartenuto alla Schola dei Casselleri, vi è dipinto Padre Eterno e Angeli in preghiera e turiferari (fine secolo XV), attribuita a L. Bastiani.

all'altare: trittico su tavola, al centro: Maria della Misericordia, a sinistra: Incontro di Gioacchino e Anna, a destra: la nascita della Vergine (firmato 1473) di B. Vivarini. Si ritiene eseguito per l’altar maggiore della vecchia chiesa.

Seconda Cappella

dedicata all'Addolorata.

Il portale esterno in pietra d'Istria, di gusto rinascimentale, ha lesene laterali e capitelli corinzi su cui poggia un timpano triangolare. Sull'apice, opera di A. Franco, è collocato il busto bronzeo del conte Giovanni Battista Venier, benefattore della ricostruzione del 1921.

alla parete, sopra la bifora: tela Ultima Cena di L. Bassano. Sotto la bifora: lapide marmorea della Schola dei Bombardieri.

altare: paliotto marmoreo Maria Santissima trafitta da sette spade sostenuta da angeli.

all'altare: tela La Pietà e San Francesco di J. Palma il Giovane.

 

BRACCIO DESTRO DEL TRANSETTO

alla parete destra: tela Ultima Cena (fine secolo XVI) di L. Bassano.

alla parete di fondo: realizzato nel corso del XVII secolo, il monumento funebre della famiglia Hellemans, ricchi mercanti di Anversa stabilitisi a Venezia, edificato dopo il 1638. E’ realizzato in marmi monocromi: due lesene e due colonne a ridosso della porta sostengono una trabeazione al centro della quale vi è l'urna di Guglielmo Hellemans.

Altare

altare della Schola dei Bombardieri che il sodalizio chiese ed ottenne di poter edificare nel 1520 dedicandolo a Santa Barbara, loro patrona. Fu rinnovato nel 1719 e poi riportato nel sito originario da dove era stato tolto nel 1823.

altare: paliotto in marmo di Carrara Martirio di Santa Barbara (1719) di G. Torretti. Di fronte all’altare, lapide della Schola dei Bombardieri un tempo nella vicina sede.

all'altare: entro cornice marmorea, in luogo dell’antica in legno dorato, polittico. Al centro: Santa Barbara; a destra: Sant’Antonio Abate; a sinistra: San Sebastiano. In alto a destra: Vincenzo Ferreri; in alto a sinistra San Giovanni Battista; nella cimasa: La Pietà. Opera di J. Palma il Vecchio.

 

CAPPELLE ABSIDALI

Cappella Absidale destra

dedicata a San Lorenzo Giustiniani, primo patriarca di Venezia, eletto nel 1451. Fu data in patronato alla famiglia Querini che nel 1592 sostenne le spese per la decorazione marmorea dell’abside e dell’altare.

all’altare, nicchia al centro: statua di San Lorenzo Giustiniani,  nicchia a sinistra: statua di San Sebastiano; nicchia a destra: statua di S. Francesco d'Assisi. Opere di G. Campagna.

parete a sinistra: tela Maria Maddalena ai piedi del Redentore di P. Liberi.

catino: composto da festoni, alternati a cassettoni degradanti con fiorone centrale.

Presbiterio

alle pareti: sono murate due Urne funebri della famiglia Donà, in stile rinascimentale.

I due amboni posti ai lati del Presbiterio sono ricostruzioni moderne.

tabernacolo: un tempo ligneo, fu poi sostituito da quello attuale, marmoreo, negli anni 1722-1723, compiuto a spese dei confratelli della Schola de la Santissima Trinità.

parete dietro il tabernacolo: inizialmente pala Assunta di J. Tintoretto in seguito dispersa. Nel periodo in cui venne cambiato il tabernacolo, fu dipinta una nuova pala  Vergine, Santa Barbara, San Marco, San Magno e Venezia di G. Lama.

altar maggiore: fu rinnovato nel 1592 dall'architetto F. Smeraldi detto Fracà, proto della Procuratia de Supra, a spese dei confratelli della Schola del Santissimo Sacramento. Venne staccato dalla parete nel 1921, avanzato verso il presbiterio e composto con 4 colonne in marmo verde orientale. Sotto il colonnato, a destra: San Domenico; a sinistra: San Paolo; (metà del '600) statue provenienti dalla demolita chiesa di Santa Marina in Contrada Santa Marina.

catino: tela presentazione al Doge delle spose veneziane rapite dai pirati narentani di G. Lazzarini. Vi si propone la Festa delle Marie che si celebrava il 2 febbraio di ogni anno alla presenza del Doge, con la partecipazione di tutta la città.

Prima Cappella Absidale sinistra

dedicata alla Madonna del Parto, dal 1509 iniziò ad officiarvi la Schola dei Casselleri. La cappella fu data in patronato anche al ramo della famiglia Grimani che aveva la Ca’ nella vicina calle Ruga Giuffa. Antonio Grimani, vescovo di Torcello, fece rifare l'altare e ornare l'abside con la decorazione marmorea e i mosaici.

accanto alle finestre: statue marmoree a tutto tondo; nicchia a destra: San Giacomo Apostolo; nicchia a sinistra: San Matteo Apostolo ed Evangelista.

all’altare: affresco Maria che allatta il Bimbo e due Angeli che le sostengono la corona posta sopra il suo capo. Più conosciuto come Madonna del Parto, diede il nome alla cappella quando l’immagine venne qui trasferita nel 1612 da un vicino capitello.

catino: nei 14 cassettoni si trovano altrettanti mosaici con sposalizio di Maria e Giuseppe tra profeti e sibille (1610 – 1620) su cartoni di J. Palma il Giovane.

Seconda Cappella Absidale sinistra

Dedicata inizialmente alla Santissima Trinità, poi al Santissimo Sacramento, dal 1526 la cappella fu data in patronato alla famiglia Vitturi, abitante in parrocchia fin dal secolo XII.

alle pareti, a destra vicino alla porta: tavola Presentazione di Gesù al Tempio (seconda metà del '400) di Maestro Veneto; accanto: tela Natività di Maria si rifà a modelli tintorettiani. Nella parete opposta: dipinto Cristo deposto compianto da Maria e dalla Maddalena e S. Giovanni di P. Negri; accanto: dipinto Maria Maddalena unge i piedi a Cristo in casa di Simone (seconda metà del '600) di M. Liberi.

all’altare, entro un ricco ciborio (proveniente dalla demolita chiesa di Santa Marina in Contrada Santa Marina), sopra il tabernacolo marmoreo: statua Cristo Redentore modellata da Giulio del Moro. Ai lati, sopra mensole ornate: due Angeli adoranti.

 

BRACCIO SINISTRO DEL TRANSETTO

alla parete di fondo: vasta tela Il Pontefice Pio V approva l’istituzione dell’Opera Pia per il riscatto degli Schiavi (secolo XVI) di B. D’Anna.

al di sotto: tabernacolo La Madonna del Sassoferrato copia dall’Oratorio di L. Querena.

 

NAVATA SINISTRA

Seconda Cappella

dedicata alla Purificazione di Maria o alla Presentazione di gesù al Tempio, era officiata dalla omonima Schola de Devozion.

alla parete di sinistra, sulla bifora:  scultura Natività di Gesù (1974) di G. Aricò.

altare: paliotto a scacchiera con marmi policromi incastonati.

all'altare: trittico su tavola, al centro: Simeone mostra il Bambino Gesù, che tiene sulle braccia, attorniato da Maria e Giuseppe, scomparto a sinistra: Sant’Antonio da Padova, scomparto a destra: San Luigi Gonzaga (‘800) di A. Paoletti.

Prima Cappella

Originariamente dedicata San Giosafat patrono dei Fruttaroli, poi al Sacro Cuore, ospita l’altare appartenente alla Schola dei Fruttaroli, il cui patrono è visibile nel bassorilievo esterno.

alla parete di sinistra: tavola Cattura del Cristo nell'orto del Getsemani (secolo XVI) di scuola giorgionesca.

all'altare: trittico su tavola, al centro: Sacro Cuore, Sant’Alfonso de’ Liri e San Luigi Gonzaga, scomparto a sinistra: San Vincenzo, scomparto a destra: San Pietro (1843) di L. Querena.

Altare

fu edificato nel 1590 per volontà di Marco Querini, come attestano le due lapidi ai lati di esso ed è dedicato a Santa Marina, patrona minore della città.

altare: nel 1810 vi fu deposto il corpo della monaca libanese Santa Marina Vergine, provenienti dalla demolita chiesa di Santa Marina in Contrada Santa Marina.

all'altare: originariamente: pala Crocefisso e tre Marie di L. Corona (ora al Museo Vetraio). Oggi: dipinto Santa Barbara (‘800) di L. Querena.

 

ORATORIO DELL’ANNUNCIAZIONE

Nell’edificio che collega la chiesa al campanile, sopra alla Sacrestia vi è la sala dell'oratorio dedicato all’Annunciazione.

altare: quattrocentesco, a fianco del tabernacolo: due statue Arcangelo Gabriele e Annunciata.

alle pareti: immagini classiche della devozione veneziana alla Madonna: Cristo porta la croce e Madonna con putto e san Domenico di G.B. Tiepolo, Madonna con putto di B. Cignaroli, Madonna con putto di G.B. Salvi detto il Sassoferrato, Vergine con putto di P. da Messina.

 

SACRESTIA

alla parete: si vede murato un Frontone di Sarcofago, in parte rovinato (fine secolo XIV).

 

L'interno:

Indubbiamente l’interno della chiesa rende omaggio alla grandissima abilità costruttiva del Codussi, che anche qui riuscì ad esprimere al meglio la dialettica  fra i valori spaziali attraverso l’estrema essenzialità del disegno strutturale.

Egli coprì la navata principale e il transetto con volte a crociera poggianti su capitelli pensili e all’incrocio dei bracci voltò la cupola sostenuta dagli arconi all’altezza della trabeazione superiore. Sui pilastri centrali e su quelli corrispondenti alle testate dei muri delle cappelle laterali impostò gli archi longitudinali della navata maggiore e delle cappelle, nonché quelli trasversali delle navate minori. Queste ultime rimasero perciò divise in campate sulle quali, riproponendo in dimensioni ridotte il motivo della cupola centrale, l’architetto costruì le cupolette emisferiche in serie, tre per lato. I muri divisori delle cappelle, a fondo piatto e volta a botte, sono aperti da eleganti bifore.

Anche la luce che entra dalle varie finestre è utilizzata dall’architetto quale primo o l’ultimo mezzo per realizzare l’equilibrio fra le parti.

Al raggiungimento dell’essenzialità contribuisce inoltre l’uso contenuto della decorazione e il ridotto gioco cromatico instaurato tra il grigio degli elementi marmorei e il bianco delle superfici intonacate delle pareti e delle volte.

Nel 1689 l’interno della chiesa venne rinnovato a spese del ricco mercante Torrino Tononi.

Grazie alla generosità del conte Giovanni Battista Venier, nel 1921 la cupola fu nuovamente ricomposta e in parte anche ricostruita, dopo che essa,  era stata gravemente danneggiata nel 1918 a causa di un bombardamento aereo austriaco. Con l’occasione furono anche demoliti gli affreschi ottocenteschi (opera di Paoletti, Pividor, Casa), aperte le finestre circolari della navata centrale, così che la chiesa riacquistò la semplice ed elegante struttura originaria.

Portali e facciate:

La facciata verso il rio del mondo novo fu eretta nel 1542 a spese della famiglia Cappello che volle così ricordare con un monumento funebre il congiunto Vincenzo Cappello, valente Capitano da Mar, più volte vincitore della flotta turca, che era morto l’anno precedente. La fronte presenta un semplice disegno a capanna, tripartito da pilastri corinzi che sostengono una rilevata trabeazione, sopra la quale si imposta il modesto timpano triangolare. Come appare evidente, in tale progetto l’ignoto autore ha del tutto trascurato la lezione codussiana. Sopra l’ingresso principale, i cui stipiti in marmo greco appartengono all’edificio più antico, con ciò intendendo la rifabbrica del XII secolo, fu eretta l’urna con la statua del Cappello, scolpita dallo scultore Domenico di Pietro Grazioli da Salò, seguace del Sansovino.

Oltre mezzo secolo più tardi, nel 1604, la stessa famiglia Cappello provvedeva ad erigere anche la  facciata sul campo Santa Maria Formosa, che in realtà, come visto, corrisponde al fianco sinistro della chiesa. Anche in questo caso non si conosce l’autore, ma a differenza dell’altra, questa è espressa in forme stilisticamente correlate alla struttura interna. La  parte centrale, che si riferisce alla testata del transetto, è messa particolarmente in rilievo oltre che dal portale e dalle colonne laterali, dal timpano triangolare e dal grande occhio circolare. I tre busti posti sull’ordine superiore rappresentano altrettanti componenti della famiglia Cappello, tra cui il Senatore Vincenzo, morto nel 1604, e testimoniano la consuetudine, invalsa a Venezia a partire dal Cinquecento, di trasformare le facciate degli edifici pubblici (in particolare le chiese) in monumenti commemorativi a gloria di persone o famiglie.

Il campanile:

Nella veduta del de’ Barbari del 1500, il campanile, che risulta collegato alla chiesa, conserva ancora la sua antica struttura romanica, con robusta e tozza canna lesenata in laterizio, la cella a trifore e i quattro pinnacoli con la cuspide conica evidentemente aggiunti nel periodo gotico.

Esso fu rinnovato dalle fondamenta nel 1611, posto com’era in posizione di particolare rilevanza urbana, all’incrocio di tutte le direttrici viabili.

Fu il sacerdote Francesco Zucconi ad elaborare l’originale progetto, davvero inconsueto per forme ed ornamenti e che rimase anche in seguito l’unico esempio di singolare fantasia.

La canna, di notevole altezza, ha i fianchi ornati da lineari partiture geometriche in rilievo; la cella campanaria, incoronata da timpani e sormontata da un tamburo, assieme alla cuspide, a sua volta circondata da una balaustra e coperta di piombo, rappresentano certamente la soluzione architettonica più ricca e fantasiosa, parendo l’insieme suggerire l’idea di una candela accesa con i rivoli di cera sciolta che scendono lungo i fianchi. Sotto la cella, sui quattro lati troneggia un orologio.

I due lati visibili della base sono abbelliti da un bugnato-marmoreo a tronco di piramide. Sul lato verso il rio del mondo novo si apre la piccola porta d’ingresso, che ha in chiave d’arco una testa grottesca. Il campanile fu terminato secondo il progetto originario nel 1688.

Bibliografia:

 

Umberto Franzoi / Dina Di Stefano

Le chiese di Venezia

Azienda Autonoma Soggiorno e Turismo, Venezia 1975

 

Giulio Lorenzetti

Venezia e il suo estuario

Edizioni Lint, Trieste 1956

 

Tudy Sammartini / Daniele Resini

Campanili di Venezia

Edizioni Grafiche Vianello, Treviso 2002

 

 

 

torna in alto