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Il Boerio nel suo "Dizionario del
Dialetto Veneziano" definisce il
magazen, (ossia magazzino), "Bottega dove si
vende vino al minuto, e dove ai tempi veneti si ricevevano effetti
in pegno, pei quali ritraevansi due terzi in danaro, ed un terzo
in vino pessimo, detto appunto Vin da pegni».
Nel corso di tutto l'anno le
botteghe dei magazenieri da vin
erano spesso teatro di tresche scandalose, ma era particolarmente
nel corso del Carnevale che gli episodi si susseguivano a ritmo
forsennato, tanto da attirare l'attenzione di vari autori
satirici, fra i quali il Dotti, il quale nel suo dileggio
intitolato: "La Quaresima", lasciò scritto:
Altri vanno ai magazzini
Dove mai non è penuria
D'appostati camerini
Per ricovro alla lussuria.
Numerosissimi sono i toponimi che a
Venezia ricordano l'antica esistenza di queste botteghe e secondo
quanto scrive il Gradenigo nei suoi "Commemoriali": "Le
càneve da vino più magnifiche in Venezia inservienti a luoghi
pubblici, ossiano Magazeini, sono quelle situate a San Girolamo,
alla Ca' D'oro a Santa Sofia, et alli Incurabili. Per altro la
botte più grande attenente a simili taverne sta nel magazzino
contiguo a San Zanipolo, perché contiene assai più di bigonzi 23,
e secchi 13 di vino".
Secondo la "Guida" del
Coronelli (edizione del 1700), i
Magazenieri da vin avevano la propria
schola de devozion, in chiesa di
San Salvador, dove usufruivano
dell'altare dedicato a San Nicolò, vescovo
di Bari.
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