SESTIER DE DORSODURO

Santi Gervasio e Protasio, martiri

CONTRADA

S. TROVASO

ricorrenza il giorno 19 giugno del calendario liturgico veneziano

Santi titolari della chiesa di: SAN TROVASO

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CARITA'
OGNI SANTI
ROMITE

Le notizie piú antiche su Gervasio e Protasio risalgono al 386, anno in cui il vescovo milanese Ambrogio fece un sogno ed il giorno seguente, nella zona cimiteriale di Porta Vercellina, nel suolo antistante la basilica cimiteriale dei SS. Nabore e Felice, il vescovo fece effettuare uno scavo: vi si trovarono i corpi dei due martiri il cui ricordo era andato praticamente perduto.

La sera del 18 giugno le sacre spoglie dei martiri Gervasio e Protasio furono trasportate nella vicina basilica Fausta per una veglia notturna di preghiere: il giorno seguente, venerdí 19 giugno, esse furono solennemente traslate, con un grandissimo concorso di popolo, nella basilica detta oggi di Sant'Ambrogio, che si era appena finita di costruire, per consacrarla in occasione di questa deposizione di reliquie.

La traslazione delle reliquie venne fatta eseguire da Ambrogio a scopo eminentemente liturgico, sull'esempio del rito orientale, che ebbe però un influsso enorme in tutto l'Occidente, segnando una svolta decisiva nella storia del culto delle reliquie. I due santi infatti godettero subito di una notevole popolarità, soprattutto in occidente: furono particolarmente venerati, in Italia, a Ravenna, a Brescia ed a Roma, dove, sotto il pontificato di Innocenzo I (402-417), la matrona Vestina eresse una chiesa dedicata in loro onore, l'attuale San Vitale in via Nazionale. L'invenzione dei loro corpi entrò nei piú importanti Calendari e Sacramentari, il martirologio Geronimiano lo ricorda il 19 giugno.

Data la fama dei due santi e la scarsità delle notizie che li riguardavano, tra la fine del V secolo e l'inizio del VI secolo, un autore rimasto anonimo ne compose la loro passione, inserendola in una lettera falsamente attribuita ad Ambrogio, nella quale l'autore figura essere Filippo, grande benefattore della Chiesa di Milano, il quale avrebbe sepolto i due santi nella sua casa.

La passione presenta Gervasio e Protasio come i figli gemelli dei Santi Vitale e Valeria i quali, perduti i genitori anch'essi martirizzati, vendettero i beni di famiglia, ne distribuirono il ricavato ai poveri e si ritirarono in una casetta ove passarono dieci anni in preghiera e meditazione.

Denunciati da un comandante dell'esercito imperiale per la loro conversione, vennero consegnati ad Astasio, di passaggio per Milano diretto alla guerra contro i Marcomanni. Questi indusse i due fratelli ad offrire sacrifici agli dei pagani, ma poichè essi non vollero assolutamente abiurare, furono condannati al martirio. Gervasio morí sotto i colpi del flagello, Protasio venne invece decapitato. Il loro martirio è attribuibile o alla persecuzione di Diocleziano (e perciò all'inizio del sec. IV) o molto piú probabilmente a qualcuna delle persecuzioni della metà del sec. III (di Decio o Valeriano).

Seppure il fatto possa apparire singolare, la chiesa è dedicata ad un santo che non fa parte del martirologio cristiano e non costituisce nemmeno l'unico esempio nel contesto della città, dove si incontrano titoli che fanno riferimento a personaggi profetici dell'Antico Testamento, secondo una tradizione orientale normalmente non praticata in occidente. Evidentemente tali personaggi biblici venivano considerati cristiani-santi ante-litteram, è il caso ad esempio del patriarca Mosé, titolare della chiesa di San Moisé.

Pur facendo riferimento a Gervasio e Protasio, a Venezia la chiesa venne chiamata San Trovaso che risulta la trasformazione in veneziano del solo nome di Protasio, poichè nella coscienza popolare dei due gemelli assunse una maggiore rilevanza il secondo, come accadde a Milano.

E proprio da Milano, attraverso il patriarcato di Grado, che giunse a Venezia la devozione di questi santi, anche se la loro presenza va ricondotta al culto che essi ebbero a Ravenna.

 

 

 

Santi Gervasio e Protasio

L'iconografia ufficiale ritrae i due Santi in abiti da soldato, a volte con in mano la palma del martirio.

 

Santi Gervasio e Protasio