SESTIER DE

S. CROSE

ciexa de Santa Ciara

CONTRADA

S. CROSE

 

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Cenni storici:

L’isola di Santa Ciara, così chiamata dalla presenza del monastero e della chiesa omonimi, si trova ubicata al margine settentrionale della città, dove il  Canalazzo confonde le sue acque con quelle della laguna.

In antico era divisa dal Sestier de Santa Crose soltanto da un breve canale e congiunta ad esso da un ponte in legno.

 

Una chiesetta (forse un oratorio) venne qui innalzata nel corso del 920 dalle famiglie patrizie Polani e Bernardo, sotto il titolo di Santa Maria Mater Domini, in seguito probabilmente abbandonata.

 

Sulla scia della visita che Santa Chiara fece a Venezia nel 1232, il nobilomo Zuane Badoer affidò l’isola, ancora disabitata, a tale Costanza che aveva espresso l’intenzione di far giungere anche a Venezia l’ordine delle Clarisse, la cui regola era stata recentemente dettata ad Assisi da Santa Chiara stessa.

 

L’isola venne tosto arginata ed all’interno delle mura, a partire dal 1236, iniziò la costruzione di un modesto fabbricato che fosse adatto ad ospitare le numerose monache che erano arrivate in isola.

 

Al completamento del monastero seguì quindi l’edificazione di una nuova chiesa che il De’ Barbari, nella sua celebre veduta del 1500, raffigura come un modestissimo edificio con semplice tetto a capanna.

 

Sullo scalpore suscitato da poco edificanti episodi derivanti dalla condotta libertina delle monache, nella seconda metà del XVI secolo il Patriarca Antonio Contarini intervenne per reprimere le frequentazioni dei frati al convento, disposizione che a dire il vero già era stata decretata nel 1383 e nel 1489 ad opera del Governo della Repubblica.

Verificatasi anche a Venezia la divisione fra Monache Clarisse (o della Prima Regola) e Clarisse Urbaniste (o della Seconda Regola), il Patriarca lasciò nel luogo d’origine le Osservanti e spostò invece nel non distante monastero di Santa Crose le Conventuali.

 

Nel 1574 un violento incendio causò la distruzione quasi completa della chiesa e del monastero, edifici che vennero però tosto rifabbricati praticamente con le stesse proporzioni volumetriche dei precedenti; nonostante ciò la consacrazione della nuova chiesa avvenne solo nel 1620, dunque a ben 46 anni di distanza dall’incendio.

 

In questa chiesa avevano sede la Schola de devozion de Santa Ciara e la Schola dei Filacanevo che si radunavano sotto la protezione di Sant’Ubaldo.

 

Caduta la Repubblica, nel corso della seconda occupazione francese, per effetto dell’atto di avocazione del 21 giugno 1806 il monastero di Santa Ciara in isola venne soppresso e requisito dal Demanio; le 29 monache Clarisse che vi si trovavano all’interno vennero perciò fatte sgombrare e spostate nel vicino convento di Santa Crose.

Sebbene il complesso conventuale di Santa Ciara non presentasse particolari caratteri architettonici, non di meno l’uso improprio che se ne fece nel corso del 1800 determinò la sua completa degradazione.

Demolita la chiesetta, nel 1819 tutto il complesso fu trasformato in Ospedale Militare, funzione che in seguito venne dismessa quando il nosocomio fu concentrato con quello realizzato nel complesso conventuale di Sant’Ana (Sestier de Castelo, Contrada San Piero de Castelo).

La successiva realizzazione della Marittima e del ponte automobilistico negli anni ’30 del 1900 ha fatto perdere al luogo anche il senso di isola, che appare ormai completamente inglobato nell’area circostante.

Dall’inizio degli anni ’60 del 1900 ciò che rimane dell’antico chiostro ospita gli uffici della Polizia di Stato.

Opere d’arte all’interno:

entrando, da sinistra:

tavola (sopra) Santi devoti (sotto) San Francesco e San Carlo intercedono per le anime del purgatorio (XVII secolo) di P. Vecchia

tavola San Giovanni Battista battezza Gesù (XVI secolo) di M. Ingoli

tavola San Francesco e San Carlo (XVI secolo) di J. Palma

 

altar maggiore:

alla parete: tavola Annunziata (XVI secolo) di A. Aliense

tabernacolo: portella Cristo sostenuto da un angelo (XVI secolo) di A. Aliense

primo ordine superiore: dipinto Nascita della B. V. Maria; dipinto Presentazione della B. V. Maria; dipinto Visitazione della B. V. Maria; dipinto Martirio di Santo Stefano; (XVII secolo) di B. Scaligero

secondo ordine superiore: dipinto San Francesco ascolta la gloria  del Paradiso; dipinto San Francesco sacrifica un occhio per vedere la B. V. Maria; dipinto Gli Apostoli portano a seppellire la B. V. Maria; dipinto La B.V. offre la sua veste ad un Santo Vescovo; dipinto Il Santo Vescovo combatte contro i Normanni; dipinto San Girolamo nel deserto; (XVII secolo) di B. Prudenti

sopra la porta per fianco la chiesa:

tavola Santa Chiara, San Francesco, Sant’Agostino, San Bernardino, Sant’Agnese, Sant’Antonio da Padova (XVI secolo) di P. Malombra

tavola Sant’Agostino, San Ludovico, San Bonaventura (XVI secolo) di J. Palma

 

alla parete:

dipinto Annunziata di Tizianello, nipote del Tiziano.

Il committente, Girolamo Surian, qui sepolto nel 1595, è raffigurato nell’abito di senatore. (il dipinto si trova oggi presso il Museo Civico di Bassano del Grappa).

sotto l’organo:

nel mezzo: dipinto Santissima Trinità di Petrelli

ai lati: dipinti Santa Caterina e Sant’Agata (XVII secolo) di B. Lorenzetti

 

 

La facciata:

Nella dettagliatissima veduta di Venezia eseguita dal De’ Barbari nel 1500, si trova raffigurata una chiesa di proporzioni assai modeste, coperta con semplice tetto a capanna. Nella facciata si intravedono però elementi architettonici propri del periodo gotico, potendo da ciò dedurre che la fabbrica abbia subito nei due secoli successivi alla sua fondazione alcune parziali ristrutturazioni.

Il campanile:

Sul fianco sinistro della chiesa si elevava la torre campanaria, che terminava con la caratteristica cuspide a pigna e le quattro edicole angolari, chiaro indice  di un intervento di ristrutturazione attuato in epoca gotica.

Quando nel corso del 1574 un violento incendio distrusse completamente la chiesa e con essa anche il campanile, nelle posteriori immagini del ‘700  risulta essere più basso che in origine, forse perché esso fu ricavato dall’antica canna superstite che venne coperta da un tetto di tegole sotto il quale semplici aperture costituirono la cella campanaria.

La cassetta di Re Luigi:

Il monastero è legato ad un’antica quanto singolare leggenda, secondo la quale si vuole che San Lodovico, re di Francia, nel 1262 in abito di pellegrino consegnasse alle monache una cassetta di rame con un anello, pregandole di conservarla gelosamente e di non consegnarla a nessun’altro che chi presentasse un anello simile a quello in loro possesso.

Non presentandosi nessuno negli anni, salvatasi miracolosamente la cassetta da inondazioni e da incendi, attratte da una soave musica e da una luce che improvvisamente ebbe a sprigionare l’involucro, le monache decisero di aprirlo.

Con grande meraviglia esse appresero da un manoscritto che giaceva nel fondo che il chiodo ivi racchiuso altro non era che quello che aveva trafitto i piedi di Cristo.

Esposto ai fedeli nella loro chiesa, dopo la soppressione del 1805 il Santo Chiodo venne traslato nella chiesa di San Pantalon, dove ancora oggi è venerato.

 

Il monastero:

Realizzato con modestia e sobrietà, labili tracce dell’antico monastero sono oggi ancora riscontrabili nelle mura perimetrali.

Di recente è stato anche ripristinato il ponte in legno che, così come era in antico, è tornato a collegare l’oramai ex isoletta direttamente con il suo Sestiere.

Biografia:

Zangirolami Cesare

“Storia delle chiese dei monasteri delle scuole di Venezia rapinate e distrutte da Napoleone Bonaparte”

Arti Grafiche Vianelli, Mestre 1962

Ristampa: Filippi Editore, Venezia 2007

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