SESTIER DE DORSODURO |
ciexa dei Tolentini |
CONTRADA S. PANTALON |
Cenni storici: L’Ordine dei Teatini (a Venezia sempre chiamati Tolentini) fu
fondato a Roma nel 1524 da Giovanni Pietro Carafa
(poi papa Paolo IV) assieme a Gaetano da Thiene,
entrambe di nobili origini. In seguito al terribile sacco cui nel 1527 fu sottoposta Roma dagli
imperiali di Carlo V, guidati dai due fondatori i Teatini
lasciarono la città per cercare rifugio a Venezia. Se l’arrivo dei Teatini nella capitale della Repubblica dei
veneziani era del tutto inedito, non così si può dire per il vicentino Gaetano da Thiene, il quale giunto a Venezia nel
1517 aveva trovato gli appoggi necessari per costruire in legno l’Ospeal dei
Incurabili che poi diventerà uno dei quattro “ospedali maggiori”
della città quando, nel 1522, egli radunò le risorse necessarie per
edificarlo in pietra. Fu infatti presso questa importante struttura sanitaria
che i padri alloggiarono appena arrivati
in città, per poi spostarsi alla Giudecca, quindi muovere presso l’Abbazia di
San
Gregorio e, finalmente, trovando stabile dimora presso una piccola
foresteria, con annesso Oratorio, che venne loro donata dai
confratelli della Schola de Devozion de
San Nicola da Tolentino. I confratelli, infatti, stanchi dei
continui litigi con gli Agostiniani della chiesa di Santo Stefano
(Sestier de San Marco, contrada San Vidal)
dove precedentemente avevano la sede, nel 1499 avevano acquistato un terreno
da Tadia Amadi, nella Contrada di San Pantalon,
che pure in Sestier de Dorsoduro, in questo punto sconfina
però nel Sestier de Santa Crose,
e ivi si erano trasferiti nel 1505 avendo nel frattempo colà edificato
appunto un Oratorio
e una foresteria (offerti ai Teatini in
cambio della loro direzione spirituale). Insediatisi nella
vita cittadina, per prima cosa i Teatini elevarono gli edifici a Casa dell’Ordine
ed elessero un Preposito. Subito dopo, per quanto
possa sembrare azzardato, specie sapendo quanto il Senato veneziano considerasse
le chiese quasi un’emanazione dello Stato, nel 1533 essi invocarono e ottennero da papa Clemente VII il
riconoscimento giuridico dell’Ordine e la sua diretta dipendenza dal
Pontefice, formalità che li sottrasse così agli obblighi nei confronti del
Patriarca di Venezia. Fra i primi padri
ordinati a Venezia da Gaetano da Thiene si
annovera il famoso Giovanni Marinoni,
di famiglia bergamasca ma nato a Venezia e laureatosi a Padova. Egli
intraprese la vita religiosa diventando piovan della vicina chiesa di San Pantalon.
Con il passare
del tempo cresceva intanto costantemente l’apprezzamento generale per la rigorosa
opera di apostolato svolta dai Teatini in
città (attività particolarmente apprezzata dal Governo della Repubblica
perché tendeva a saldare culturalmente fra loro la nobiltà e il popolo), cui
però faceva riscontro un ormai troppo angusto Oratorio. Intenzionati a
risolvere la questione, nel periodo fra il 1570 e il 1589 i Teatini s’impegnarono nell’acquisto di alcuni
terreni limitrofi, con l’intento di procurarsi lo spazio necessario per
edificare una chiesa più grande e un dignitoso convento. Giunti a metà del
1590 essi poterono alfine affidare
l’incarico per la nuova costruzione a Vincenzo
Scamozzi, il quale nel suo progetto fece abilmente confluire sia i
suggerimenti dei Teatini ma anche quelli
di alcuni preminenti senatori assai versati nella tecnica dell’edificazione.
Il risultato finale s’impose alla generale attenzione per due preminenti caratteristiche:
l’orientamento e la planimetria. La nuova chiesa infatti avrebbe presentato
l’abside rivolta verso est, cioè verso il sorgere del sole, in chiaro riferimento
all’antica simbologia cristiana. La pianta a croce latina invece rendeva
omaggio all’emblema dell’Ordine ma prevedeva però delle braccia corte per il
transetto, modifica che avrebbe consentito la visione dell’altar maggiore da
ogni parte e che mirava in buona sostanza a organizzare lo spazio interno
come un’aula unica, affiancata dalle cappelle laterali e scandita dalle
paraste giganti, rivolta trionfalmente verso il presbiterio. A testimonianza
dell’ormai profondo legame esistente fra i Teatini
e la città, i lavori iniziarono nel 1591
alla presenza del patriarca Lorenzo
Priuli, del Dose Pasquale Cicogna (eminente patrono dell’Ordine
dei Crociferi)
e di numerosi senatori.
La costruzione delle fondamenta iniziò nel 1592 e proseguì fino al 1594
quando, improvvisamente, i Teatini,
adducendo troppo costoso il progetto inizialmente concepito, esonerarono lo Scamozzi dalla direzione dei lavori. La
costruzione delle fondazioni, interrotta per due anni, riprese nel 1596 e quindi l’opera progredì
celermente fino a completare la copertura. Dall’esterno si apprezza come le
pareti divisorie delle cappelle assolvono anche la funzione di contrafforti
che assorbono le spinte del tetto e della navata, mentre all’interno il peso
dell’alta cupola (rimasta poi incompiuta al tamburo) sarebbe stato
agevolmente assorbito dai quattro pilastri a sezione quadrata, altrimenti
dette torri vuote, abilmente
disposti e celati agli angoli del transetto. La fabbrica ultimata presentò inoltre
alcune differenze rispetto al progetto originario del 1593: le braccia del transetto
a parete piana anziché absidate e il presbiterio si erge su una scalinata di
quattro gradini alla quale fa seguito una analoga che conduce all’altar
maggiore, invece che essere rialzato di soli due gradini in linea con le
cappelle laterali. La consacrazione
della chiesa fu celebrata nel 1602
dal patriarca Matteo Zane
(essendo Dose
Marino Grimani) sotto l’antico titolo di San Nicolò da
Tolentino, ma che per i veneziani rimase per sempre la chiesa dei Tolentini. Completato l’involucro,
si proseguì poscia con i lavori interni, che subirono però un arresto nel 1606, in seguito alla grave crisi politica
fra Venezia e Roma e sfociata poi nell’interdetto papale. In quel frangente i
Gesuiti,
i Cappuccini
e anche i Teatini lasciarono la città in obbedienza al papa e per le
ingiunzioni imposte dal Senato. I Teatini
faranno ritorno a Venezia nel 1607
e, ripresi per mano i lavori, nel 1608
completarono la sacrestia ma ancora nel 1609 restavano da concludere il pavimento, la facciata e le
cappelle. A questo proposito, il tentativo dei Teatini
di mantenere il nuovo tempio entro i canoni di un austero spazio
classicheggiante, dovette soccombere davanti alla determinazione delle
famiglie nobili veneziane (alcune delle quali particolarmente vicine al
papato) che al contrario nelle cappelle laterali celebrarono sfarzosamente la
gloria del proprio casato attraverso l’opulenza dei materiali di costruzione. Fra il 1706 e il 1714, Andrea Tirali aggiunse
alla facciata, che è rimasta incompiuta, un pronao esastilo concluso da un timpano. Nel 1720 fu ristrutturata la sacrestia. Giunto l’anno 1810, in seguito agli editti
napoleonici che imposero lo scioglimento degli ordini religiosi nel Regno
d’Italia, il convento si ridusse a caserma e la chiesa fu dichiarata
parrocchiale, avendo assegnata la massima parte della soppressa parrocchia di
Santa Croce
e alcune frazioni di quelle di Santa Margarita e di San Pantalon. Dal 2010, unita alla parrocchia di San Pantalon, è sede della pastorale universitaria
di Venezia. L'interno: la planimetria
interna è a croce latina a una navata, con tre cappelle per lato, alternate
alle paraste corinzie che scandiscono ritmicamente lo spazio e lo rendono
visivamente uniforme. La sontuosa
decorazione, che riveste completamente le pareti di stucchi e di pitture, fu
aggiunta nel corso del Sei-Settecento. Sono qui sepolti
quattro Dosi:
Giovanni I Corner,
Francesco Corner, Giovanni II Corner e Paolo Renier.
Vi ebbe sepoltura anche il Patriarca Francesco Morosini, il cui
monumento fu eseguito dallo scultore genovese Filippo
Parodi. La chiesa ospita anche un organo barocco, costruito da Pietro
Nachini nel 1754 quasi totalmente intatto, sito
in cantoria lignea in catino absidale. La cassa dello strumento presenta
decori in legno cesellato raffiguranti due teloni discendenti dal centro del
timpano che sovrasta la cassa andando a terminare nelle ali laterali dello
strumento; a questa decorazione finemente dipinta in color oro sono appese
sculture lignee di strumenti a fiato e originali antichi strumenti a corda di
pregiata fattura artigianale, anche questi dipinti in oro. Facciata e portale: Passando a
miglior vita nel 1701, il Procurator
de San Marco
Alvise da Mosto
lasciò la somma di 10.000 ducati per la realizzazione del suo monumento
funerario da collocarsi nella controfacciata o anche sulla facciata della
chiesa dei Tolentini.
Essendo la chiesa ancora priva di facciata, si scelse la seconda opzione ma
una stima dei Proti stabilì che per
realizzare il progetto nel frattempo elaborato dallo Scamozzi,
che prevedeva una facciata alla palladiana, sarebbe occorsa una somma almeno
doppia rispetto a quella del lascito e perciò fu deciso di depositarla in
Zecca, in attesa che gli interessi la accrescessero. Nel qual mentre però, Alessandro Zen e Nicolò Contarini,
esecutori testamentari, decisero di scartare il costoso progetto dello Scamozzi, abbracciando invece l’idea della realizzazione
di un più economico pronao, conforme
il progetto a loro presentato da Andrea Tirali.
Nel 1706, nonostante il parere fortemente
contrario dei Teatini, partirono i lavori
per la posa delle fondamenta e quando nel 1707 Alessandro Zen moriva, i Teatini nuovamente chiesero al superstite
esecutore testamentario che il progetto del Tirali
fosse abbandonato per realizzare invece la facciata dello Scamozzi. Pur palesemente dichiarandosi anch’egli
contrario al pronao, tuttavia Nicolò Contarini
non ebbe il coraggio di rinunciare all’impresa, principalmente per non
contrariare Paolina da
Mosto Zen, la nipote del defunto Procurator. Nel 1711 fu quindi collocato il busto di Alvise da Mosto
sull’architrave del portale, nel 1712
il pronao potè
dirsi completato, con una spesa aggiuntiva di 2.400 ducati. La gradinata sul
bordo del campo
dei Tolentini fu finita nel 1714 mentre la scalinata che dalla
riva scende nell’acqua del rio dei Tolentini (e le cui balaustre sarebbero forse
più adatte a una villa), risale al 1723.
Il pronao della chiesa dei Tolentini, un
prospetto esastilo rialzato, di ordine corinzio e con un’unica scalinata
d’ingresso, costituì una novità a Venezia anche per il fatto di essere
accostato a una chiesa che aveva accolto al suo interno lo stile barocco; esso
riportò in auge l’architettura classica, anticipando quella neoclassica. La
facciata è caratterizzata anche dalla presenza di una palla di cannone, che
venne qui incastonata in ricordo del bombardamento austriaco subito nel 1849. Convento: nel 1591, in concomitanza con l’avvio dei
lavori per la nuova chiesa, i Teatini
affidarono all’architetto Scamozzi anche
l’edificazione di un più grande e dignitoso convento. Unendosi alla chiesa lungo il lato sinistro del presbiterio,
il convento si sviluppa su edifici con piano terra aperto su robuste arcate
in laterizio e due piani, attorno ad un bel chiostro seicentesco con vera da
pozzo centrale. Il lato nord prospetta su calle de Ca’ Amai
e il lato est corre a filo del rio de le Muneghete.; l’ingresso, a fianco della chiesa, guarda (oggi come
ieri) sul campasso dei Tolentini. Nel 1810, in seguito agli editti
napoleonici di scioglimento degli ordini conventuali, il convento fu avocato
al Demanio e poi trasformato in caserma, senza che prima una quantità
considerevole di ogni tipo di arredo fosse asportata e venduta ai privati. Dopo la
seconda guerra mondiale, il convento fu per lungo tempo utilizzato per dare
rifugio ai profughi e ai senza tetto. In
seguito divenne la sede dell'Istituto universitario di Architettura e fu
completamente restaurato nel 1961-63
da Daniele Calabi (mentre a Carlo Scarpa si deve il progetto dell'ingresso dal campasso, realizzato nel 1985).
Nell'Aula Magna sono ordinate, con allestimento di Carlo
Scarpa, opere di vari artisti moderni tra cui Emilio
Vedova, Armando Pizzinato e Mario De Luigi. Biblioteca: tre incisioni del Coronelli sono dedicate, nelle sue
“Singolarità di Venezia” al convento dei Teatini.
Una delle incisioni ci mostra la ricca biblioteca, un’altra l’elegante porta
della biblioteca medesima e la terza il refettorio dei padri. Gli eleganti stigli della biblioteca
teatina sono oggi conservati presso il Museo Correr. Campanile: (campaniel) la sua costruzione risale agli inizi del
Settecento; affiancato alla chiesa sul lato sinistro all’angolo fra il coro e
il transetto, ha la canna in mattoni. La cella campanaria è sostenuta da un
marcapiano in pietra d’Istria, con le aperture a bifora ad arco rialzato su
cui poggia un secondo marcapiano, più evidenziato. Un parapetto a colonnine in pietra
d’Istria protegge il piano che sostiene il tiburio ottagonale sormontato da
una cupola a cipolla ricoperta di lastre di piombo. |
Visita della chiesa:
guardando la
controfacciata, al centro sopra l’ingresso: tela Trasporto di Cristo al
sepolcro (1590-95)
di G. Contarini; sopra: epigrafe commemorativa della consacrazione della
chiesa (1602), alla presenza del Patriarca Matteo
Zane, essendo Dose Marino Grimani. guardando la
controfacciata, a sinistra della porta d’ingresso, in basso: tela Sant’Agnese intercede per
Venezia presso il Redentore (1629) di O. Fialetti;
sopra: entro decoro di
fogliame a stucco, tela; in alto:
entro ovato in stucco, Obbedienza (secolo XVII) affresco. a sinistra della
parasta, in basso: tela Santa Rita da Cascia (secolo
XIX) di pittore veneto; sopra:
tela Apparizione della Madonna a Sant’Andrea Avellino (1625) scuola di
Palma il giovane. in alto:
entro ovato in stucco, affresco.
Sacello del Crocifisso e degli angeli Dedicato nel 2007 ai giovani della
parrocchia deceduti dal 1986, sopra
la porta d’ingresso: tela Sant’Andrea Avellino libera un ossesso (secolo
XVII) bottega di J. Palma il giovane; sopra:
entro decoro di fogliame a stucco, tela San Luigi di Francia (secolo XVII);
in alto: entro ovato in
stucco, affresco; interno, parete
sul fondo: statua in legno, Cristo Crocifisso (secolo XIV) di
Anonimo (forse appartenuto alla vicina chiesa di Santa Crose, è venerato come
miracoloso); alle pareti laterali: statue mobili in marmo, due Angeli
ceroforari (1638/1639) provenienti dalla vicina
Cappella Larese; masonite pressato Battesimo di
Cristo e Peccato originale (seconda metà secolo XX) di O. Bertazzolo. prima Cappella Cappella Larese (Sant’Andrea Avellino, secondo dei santi
Teatini); nel 1726 Ventura Larese versa 1.500 ducati e ne ottiene il
patronato. ai pennacchi
esterni: in stucco forte, due Angeli con Calice e Croce
(1711/1720) di stuccatore veneto; interno,
parete destra: tela Sant’Andrea Avellino preso a spalle da un
compagno procede sugli scogli (1638/1639) di A. Varotari detto il Padovanino; destra dell’altare: statua in pietra Temperanza (secolo
XVIII) modi di G. Marchiori; all’altare: pala
Morte di Sant’Andrea Avellino mentre celebra la Messa (1630/1631) di
S. Peranda (con autoritratto dell’autore); volta
a botte: affreschi; sinistra dell’altare: statua
in pietra Fortezza (secolo XVIII) modi di G. Marchiori; parete sinistra: tela
Sant’Andrea Avellino trascinato dal cavallo (1638/1639) di A. Varotari detto
il Padovanino. seconda Cappella Cappella Pisani (San Carlo Borromeo). Nel 1603 viene acquistata da Vincenzo Pisani e la moglie Elisabetta Badoer, che poi vi fu
sepolta nel 1614. La severità dell’ambiente, scandito dalle piatte cornici
alle pareti, costituisce la documentazione superstite dell’originario assetto
delle cappelle. ai pennacchi
esterni: in stucco forte, due Angeli (1711/1720) di stuccatore veneto; interno, parete destra, in basso: tela San Marco libera uno
schiavo (seconda metà secolo XIX)
copia dal Tintoretto; in alto: tela San
Carlo Borromeo salva Gian Battista Turone caduto
nel fiume () di C. Procaccini; all’altare: pala San Carlo Borromeo in
gloria (1620) di C. Procaccini; volta a botte, a destra: affresco
allegorico Carità, monocromo San Carlo porta l’eucarestia a
un’inferma; al centro:
affresco Angeli in gloria e San Carlo e alcuni fedeli adorano il
crocifisso; a sinistra:
affresco perduto di C. Procaccini; parete sinistra, in basso: tela
Ester sviene davanti ad Assuero (seconda
metà secolo XIX) copia dal Tintoretto;
in alto: tela San
Carlo Borromeo ridona la vista a Carlino Nava cieco
dalla nascita di C. Procaccini. terza Cappella Cappella Soranzo (Adorazione
dei Magi – San Giuseppe). Nel
1605 la committente Elisabetta Soranzo (del ramo di Rio Marin)
versa 400 ducati per la sua costruzione. La cappella viene consacrata nel
1604, al pavimento il coperchio dell’arca non è l’originale. ai pennacchi
esterni: in stucco forte, due Angeli (1711/1720) di stuccatore veneto; interno, parete destra: tela Banchetto
in casa di Erode (secolo XVI) attribuite a A.
Negretti; destra dell’altare: statua
in pietra Davide (secolo XVIII) modi di G. M. Morlaiter; all’altare: pala Adorazione dei Magi (1628/1630) di
S. Peranda (con autoritratto dell’autore, in basso
a sinistra); volta a botte: stucchi
con dorature, al centro: Trionfo
dell’Eucarestia; sinistra
dell’altare: statua in pietra Aronne (secolo XVIII) modi di G.
M. Morlaiter; parete sinistra: tela
Decollazione di San Giovanni Battista (secolo XVI) attribuita ad A.
Negretti. Navata, fra le due paraste in basso: tela Beata Vergine di Pompei (1961);
sopra: tela San Lorenzo Giustinian benedice un devoto (secolo XVII) scuola di
J. Palma il giovane; sopra:
entro decoro di fogliame a stucco, tela; in
alto: entro ovato in stucco, affresco.
Porta dell’Ufficio parrocchiale sopra la porta: tela L’Angelo Raffaele e Tobiolo (1605-06) di S. Peranda;
sopra: entro decoro di
fogliame a stucco, tela Santa Caterina (secolo XVII); in alto: entro ovato in stucco,
affresco. Esterno, fra le due paraste in basso: tela San Nicola benedicente (secolo
XVII) di pittore veneto; a
sinistra: labaro San
Nicola da Tolentino (schola de devozion de San
Nicolò da Tolentino); sopra:
entro decoro di fogliame a stucco, tela Santa Lucia (prima metà secolo
XVII); in alto: entro ovato
in stucco, affresco. Cappella del transetto Cappella Corner (Beata Maria Vergine e San
Nicola da Tolentino). L’influente famiglia Corner (“papalista”) si assicura
il giuspatronato della cappella, il cui altare viene scolpito nel 1609 da Z. di Tadio
e i quattro capitelli corinzi da D. di
Nicolò bergamasco, allorchè Giovanni I Corner venne eletto Procurator de San Marco (e nel 1625 Dose). Davanti alla cappella la tomba
del Dose Paolo Renier (+ 1789) con stemma
del casato. cancello in bronzo,
entro ovato:
San Nicola da Tolentino e San Teodoro (secolo XVII); a sinistra, su cavalletto: incisione San Nicola da
Tolentino (1782) di G. Leonardi su disegno di
F. Araldi. interno, parete destra,
in basso: tela Santo Vescovo, sopra: tela Santa Lucia, a fianco: tela Arcangelo Gabriele con Tobiolo di S. Peranda; alla
parete: Cenotafio Corner fatto erigere dal
Dose Giovanni II Corner (1720), fra
i sei busti soprastanti: il Dose
Giovanni I Corner, il Dose Francesco
Corner, tre cardinali della famiglia (tra i quali il vescovo Federico Corner); all’altare: pala Vergine con Bambino in
gloria e i Santi Giovanni Battista, Nicola da Tolentino, Chiara, Francesco e
Teodoro (1628) di J. Palma il Giovane; a sinistra, in basso: stampa con effige San Nicola
da Tolentino; alla parete:
Cenotafio Corner, fatto
erigere dal Dose Giovanni II Corner (1720); in
basso: rilievo marmoreo Caterina Corner consegna la corona di Cipro
al Doge Agostino Barbarigo (1720) di G. Torretto; fra i sei busti soprastanti: il Dose Marco
Corner e cardinali di famiglia deceduti nel ‘500 (i vescovi di Padova Federico Corner e Alvise Corner); a sinistra, in
basso: tela Santo Cuore di
Gesù (secolo XVIII); sopra: tela San Magno e l’architettura
celeste, (secolo XVIII) di G. Forabosco; a
fianco: tela Estasi di San Francesco (secolo XVIII) di G. Forabosco. Esterno, fra le due paraste in basso: tela San Giovanni XXIII (1977)
di N. Parenti; sopra: tela Santa Giuliana
(1618-20) bottega di J. Palma il giovane;
sopra:
entro decoro di fogliame a stucco, tela Santa Elena (secolo XVII); in alto: entro ovato in
stucco, affresco. segue, fra le due paraste in basso: tela Sacro Cuore di Gesù (secolo
XVIII) di pittore veneto; sopra: tela Estasi di San Francesco
(1654-60) di pittore veneto; sopra:
entro decoro di fogliame a stucco, tela Angelo con i misteri di Cristo
(1630) di pittore veneto; in alto:
entro ovato in stucco, affresco. segue, fra le due paraste in basso: tela San Magno e l’architettura
celeste (1654-60) di G. Forabosco; sopra: entro decoro di
fogliame a stucco, tela San Carlo Borromeo (1620-58) di pittore
veneto; in alto: entro
ovato in stucco, affresco.
Antisacrestia sopra la porta
d’ingresso:
tela Beato Giovanni Marinoni (fine secolo
XVII) scuola di J. Palma il giovane; sopra:
tela Angelo con i misteri di Cristo (1630) di pittore veneto; in alto: entro ovato in
stucco, affresco; alla parete
d’ingresso: tela in
tre parti Approvazione della Regola dei Teatini; a sinistra: olio su lavagna Madonna del rosario col
Bambino (secolo XVI) di F. Riccio detto il Brusasorci. Sacrestia parete d’ingresso,
a destra: tela San
Filippo Neri e bambini adorano la Madonna (secolo XIX) di pittore veneto
(proviene dalla chiesa di Sant’Andrea
de la zirada, barco delle monache) parete con finestre, da destra: tela San Luigi Gonzaga (1755-60)
di G. Angeli; tela Annunciazione
(secolo XVIII) di S. Brentana; tela Ritratto del padre teatino
Vincenzo Maria Morelli (secolo XIX) di pittore veneto; parete di fondo: altare ligneo
con colonne corinzie e lesene ioniche (1662) di L. Zaghi;
all’altare: pala Gesù in
gloria appare a San Gaetano orante (secolo XVII) di pittore veneto - parete di sinistra: tela
Cristo sostenuto da tre angeli accanto al sepolcro (secolo XVII) di
pittore veneto, tela Madonna col
bambino (secolo XVI) di pittore veneto; tela Pietà (1590-1610) scuola del Tintoretto.
Cappella Maggiore cancello in bronzo,
entro ovato: San
Gaetano e Sant’Andrea
Avellino (1670) di F. Cavrioli. parete destra: rilievo marmoreo Immacolata
Concezione (secolo XVII) di scultore veneto; in alto tela Annunciazione (1669) di L. Giordano - altar maggiore: isolato “alla romana”, ornato di buoni marmi e di un grande tabernacolo a
forma di tempietto, allegoria del Santo Sepolcro, (1661-1672) di B. Longhena; i
due Angeli adoranti laterali e i
sei Angeli cariatidi (1672) di G.
Le Court; sul coronamento a tempietto: Redentore
di F. Cavrioli - parete sinistra: monumento funerario al Patriarca Francesco Morosini (1675-77)
di F. Parodi. nella fascia superiore del
monumento: Padre eterno con Leone marciano affiancato da Angeli. al di sotto: il prelato nel cataletto è nell’atto di risvegliarsi dal sonno della
morte; al di sotto la Fama e la Carità celebrano la vittoria sul Tempo-Morte, nei panni di un decrepito Saturno alato. Cupola o psuedo cupola, crollò
nel ‘700 e rimase incompiuta al livello del tamburo. Quattro ampi arconi la
sostengono, ciascuno decorato da affreschi e stucchi. alla volta: affresco Gloria di San Gaetano
(secolo XVIII) di M. Bortoloni; alla parete del tamburo: affreschi di lesene ioniche
dividono lo spazio in dodici scomparti, a loro volta uniti in gruppi da tre, distribuiti
fra le quattro finestre. La circonferenza è concepita come una “rosa dei
venti” e in corrispondenza dei punti cardinali sono raffigurati i quattro Profeti
(a est Mosè, a ovest Giosuè, a nord Davide, a sud il
quarto Profeta è divrnuto di lettura incerta).
Seguendo un preciso ordine cronologico, gli otto scomparti con episodi della Vita
di San Gaetano, sono collocati a due a due, ai lati di ciascun Profeta
(secolo XVIII) di G. Zompini; ai quattro pennacchi: affreschi degli Evangelisti (secolo XVIII) di G. Zompini.
Crociera Ognuno dei quattro arconi è decorato con diciassette affreschi (l’intradosso e l’archivolto ciascuno con sette affreschi in monocromo su fondo di mattonelle dorate; la volta a botte con tre dipinti, di cui il centrale è a colori e i laterali in monocromo bianco e grigio su fondo dorato). arcone sud (transetto destro, cappella
Corner) intradosso e
archivolto: affreschi
di Angeli e Virtù; volta a botte,
affresco centrale: Trionfo della
Carità; monocromo a sinistra: San Nicola da Tolentino sul letto di morte
allietato dalla musica angelica; monocromo
a destra: San Nicola da
Tolentino dispensa i pani benedetti ai poveri (secolo XVIII) di M. Bortoloni. arcone est (Presbiterio) intradosso: affreschi di Angeli e Virtù; archivolto: alle estremità due
affreschi celebrano la Chiesa, a
sinistra: Tiara papale e croce
tripartita, a destra: Scudo crociato; volta a botte, affresco centrale: Trionfo della
Fede; monocromo a sinistra: Gesù risorto manifesta il proprio favore a
San Gaetano; monocromo a
destra: Il cuore di San Gaetano
vola in cielo (secolo XVIII) di M. Bortoloni. arcone nord (transetto sinistro, cappella Labia) intradosso: alle estremità affreschi con
allegoria della Preghiera e della Prudenza; archivolto: affreschi con attributi della passione di
Cristo: la Croce, la lancia, la canna,
la spugna, il martello, tre chiodi; volta
a botte, affresco centrale: Trionfo
della Speranza;
monocromo a sinistra: Cristo inchioda San Gaetano sulla croce; monocromo a destra: Cristo
crocifisso, affiancato da San Francesco, avvicina San Gaetano al costato
(secolo XVIII) di M. Bortoloni. arcone ovest (Navata) archivolto,
incorniciati da stucchi: affreschi con figure di Angeli e
Virtù
Collocato dietro l’altar maggiore, sui tre lati: coro ligneo del ‘700 in stile corinzio con
trentasei stalli su due ordini e un leggio sorretto da una colonnina di
marmo. parete destra: entro stucchi, tela Ultima cena
(secolo XVII) di J. Palma il giovane. Organo alla parete di fondo, quasi totalmente intatto, su
soppalco di legno in catino absidale. Fu costruito in stile barocco da Pietro
Nacchini nel 1754. Alla sommità grande Calice
eucaristico in legno dorato; testata
del coro: affresco diviso in tre parti Angeli che adorano
l’Eucarestia (secolo XVIII) attribuito a G. Zompini;
soffitto a volta: affresco Gaetano
è accolto in cielo da San Pietro che gli indica la Croce (secolo XVIII)
di M. Bortoloni; parete sinistra: tela Cena in Emmaus
(1690-95) modi di J. C. Loth.
sopra la porta: tela San Gaetano orante (1603-4)
bottega di J. Palma il giovane; sopra: entro decoro di fogliame a stucco,
tela Angelo con i misteri di Cristo (1630) di pittore veneto; in alto: entro ovato in
stucco, affresco. La Cripta è
costituita da un’ampia cappella, che occupa lo spazio al di sotto del
presbiterio. Semplice nelle linee architettoniche cinquecentesche, ha volte a
sesto acuto che scaricando sui pilastri sostengono la struttura
dell’edificio. fra le due paraste in basso: tela Sant’Antonio da Padova (secolo
XVI) di pittore veneto –sopra:
entro decoro di fogliame a stucco, tela San Girolamo (1628-29) di J. Lyss; in alto:
entro ovato in stucco, affresco. Fonte battesimale
sopra la porta: tela San Lorenzo distribuisce i
beni della chiesa ai poveri (1638-40) di B. Strozzi; sopra: entro
decoro di fogliame a stucco, tela di pittore veneto; in alto: entro ovato in stucco, affresco. fra le due paraste in basso: tela Sant’Antonio da Padova (1635-40)
di B. Strozzi; sopra: tela Santa
Francesca Romana (1622-25) di P. Damini; entro
decoro di fogliame a stucco, tela Santa Maria Maddalena (secolo XVII)
di pittore veneto; in
alto: entro ovato in stucco, affresco.
fra le due paraste in basso: tela Sacro Cuore di Gesù (secolo
XVIII) di pittore veneto; sopra: tela Estasi di San Francesco
(1654-60) di pittore veneto; sopra:
entro decoro di fogliame a stucco, tela Angelo con i misteri di Cristo
(1630) di pittore veneto; in alto:
entro ovato in stucco, affresco. fra le due paraste in basso: tela San Magno e l’architettura
celeste (1654-60) di G. Forabosco – sopra: entro decoro di
fogliame a stucco, tela San Carlo Borromeo (1620-58) di pittore
veneto; in alto: entro
ovato in stucco, affresco. Cappella del transetto Cappella Labia (San Gaetano da Thiene,
fondatore dei Teatini). Inizialmente a disposizione dell’Ordine, passò sotto
il patronato di Gianfrancesco Labia (patrizio per soldo nel 1646). I lavori
per la costruzione iniziarono nel 1651 e terminarono nel 1655. pilastro destro,
esterno: statua marmo Angelo ceroforaro (1655)
di G. Le Court; a destra
dell’altare: labaro San Gaetano davanti al crocifisso (secolo
XVII); all’altare: pala San
Gaetano circondato dalle virtù che soggiogano i vizi (1633/1634) di S. Peranda; pilastro
sinistro, esterno: statua
marmo Angelo ceroforaro (1655) di G. Le
Court. fra le due paraste in basso: tela Martirio di San Bartolomeo (1720-40)
di A. Balestra; sopra: tela Beato Paolo Burali (1625) di N. Regnier
noto come Renieri; sopra: entro decoro di fogliame a stucco, tela Sant’Anna
(secolo XVII) di pittore veneto; in
alto: entro ovato in stucco, affresco. fra le due paraste in basso: tela San Magno e l’architettura
celeste (1654-60) di G. Forabosco; sopra: entro decoro di
fogliame a stucco, tela San Carlo Borromeo (1620-58) di pittore
veneto; in alto: entro
ovato in stucco, affresco.
sopra la porta: tela Beata Maddalena dei Pazzi (secolo
XVII) di B. Prudenti; sopra: iscrizione; sopra: entro
decoro di fogliame a stucco, tela San
Rocco (secolo XVII) modi di B. Strozzi; in alto: entro ovato in stucco, affresco.
sotto: icona veneto-cretese Madonna
della Passione (secolo XVI) (lascito
di Bianca Briani del 1676, proveniente dall’altare
della cappela Larese). Pulpito In legno dorato (1664), ai tre lati del parapetto altrettante
tele, mentre un quarto dipinto è inserito nel soffitto del baldacchino.
(prima metà del secolo XVII). a
destra: tela San Paolo in penitenza nel deserto; parapetto:
tela Pentecoste; al
soffitto del baldacchino: tela Spirito Santo; a sinistra: tela Mosè fa
scaturire l’acqua dalla roccia.
sopra il pulpito: tela Cristo benedicente (secolo
XVII) di B. Prudenti; in alto:
entro ovato in stucco, affresco Carità. terza Cappella Cappella Foscari (Santa
Cecilia, Santa Francesca Romana). Nel 1596 Cecilia Foscari, vedova di Marco
Zane, lascia 2.000 ducati per la costruzione della cappella che fu
consacrata nel 1604. ai pennacchi
esterni: in stucco forte, due Angeli (1711/1720) di stuccatore veneto; interno, parete destra: tela Santi
Tiburzio e Valeriano decapitati fatti seppellire da
Santa Cecilia (1620) di J. Palma il giovane (con autoritratto
dell’artista, a sinistra); alla
volta: tela unica entro tre riquadri Gloria di Santa Cecilia (1615-20)
di J. Palma il giovane; a
destra: tela Sant’Agata (1620) di J. Palma il giovane; sull’altare: urna lignea Corpo di San Marcelliano
martire (proveniente dalle catacombe di Roma); all’altare: pala Martirio di Santa Cecilia (1620)
di C. Procaccini;
a sinistra: tela Santa Caterina (1620) di J. Palma il
giovane; alla parete sinistra:
tela Santa Cecilia e lo sposo Valeriano incoronati dagli
angeli (1620) di J. Palma il giovane. seconda Cappella Cappella Grimani (Purgatorio
e San Pietro, primo pontefice (nonostante la tradizione assegni a Maria e
a San Giovanni l’intercessione presso Dio per le anime dei fedeli e, a
Venezia, a San Marco). Le cornici in stucco seicentesche costituiscono un
unicum fra le decorazioni delle
otto cappelle e si ispirano al soffitto della Scala d’Oro di Palazzo Ducale. ai pennacchi
esterni: in stucco forte, due Angeli (1711/1720) di stuccatore veneto; nell’intradosso dell’arco d’ingresso,
da sinistra: tela Sacerdote con piviale che legge (1615) di J.
Palma il giovane; segue:
figura in stucco Preghiera; segue:
tela Cardinale barbuto che legge un libro (1615) di J. Palma il
giovane; segue: figura in
stucco Testa di cherubino; tela Cardinale seduto che legge un libro
(1615) di J. Palma il giovane; segue:
figura in stucco Fede; segue:
tela mancante; alla parete
destra: tela Annunciazione
(1615) di J. Palma il
giovane; nei tre comparti alla volta,
al centro: tela Papa Pio V dispensa le indulgenze, a lato: tela Offerta delle
elemosine, a lato: tela
Messa in suffragio delle anime purganti; nei quattro comparti
intorno: Santi Vescovi (1615) di J. Palma il giovane; a
destra dell’altare: tela Santa Apollonia
(1615) di J. Palma il giovane;
all’altare: pala Salvatore
in gloria fra la Vergine e San Pietro e le anime del purgatorio (1615) di J. Palma il giovane; a destra: tela Santa Apollonia; a
sinistra: tela Santa Barbara. a sinistra dell’altare: tela Santa Barbara (1615)
di J. Palma il giovane; alla parete sinistra: tela Visitazione (1615) di J.
Palma il giovane. prima Cappella Cappella da Ponte - Corner (Pietà e San Nicola Vescovo). ai pennacchi
esterni: in stucco forte, due Angeli (1711/1720) di stuccatore veneto; interno, parete destra: tela Martirio
di Sant’Orsola e delle undicimila vergini (1638) di S. Peranda e F. Maffei; destra
dell’altare: statua marmorea Salomone; sull’altare: statua legno Cristo deposto (1475) proveniente
dalla chiesa di Sant’Andrea de la zirada; all’altare: pala Compianto
su Cristo deposto ai piedi della Croce (secolo XVIII-XIX) di L. Querena; a
destra: tela Davide (1615) di J. Palma il giovane; a
sinistra: tela Salomone (1615) di J. Palma il
giovane (provengono dalla Cappella Soranzo); a sinistra dell’altare: statua
marmorea Davide; alla
volta: entro decorazione a
stucco, tela ovale San Nicolò in gloria (secolo XVIII) modi di A. Stazio; parete
sinistra: tela Martirio
di Sant’Agata (1638) di S. Peranda e F. Maffei. Sacello di
San Pio da Pietralcina Già Battistero, dedicazione del
2000. davanti: statua terracotta dipinta, San
Pio da Pietralcina (secolo XXI) di Anonimo; sopra l’ingresso: tela Madonna col Bambino appare a San
Giovanni Sagredo (1610-20) di L. Bassano; sopra: entro decoro di
fogliame a stucco, tela San Paolo (secolo XVII) di pittore veneto.
guardando la
controfacciata, a destra della parasta, in basso: tela Sant’Antonio da Padova con
il Bambino (secolo XVIII) di pittore veneto; sopra: entro decoro di fogliame a stucco, tela Pie donne estraggono le frecce a San
Sebastiano (1631-32) di S. Peranda; sopra: entro decoro di fogliame a
stucco, tela San Liberale;
in alto: entro ovato in
stucco, affresco Maddalena penitente; a sinistra della parasta, in basso: tela Apparizione di
San Basilio Magno a San Giovanni Grisostomo (1628-30)
ambito di J. Palma il giovane; sopra:
entro decoro di fogliame a stucco, tela Santo Stefano protomartire
(1625) scuola di pittore veneto; in alto: entro ovato in
stucco, affresco. Il pranzo con il Patriarca: Ogni Giovedì
Grasso, la comunità dei Teatini offriva un banchetto al Patriarca di Venezia.
Da una distinta degli occupanti francesi del 1806 si apprende che quindici
pezzi di posate d’argento, per un peso di once 34, erano stati spediti a
Padova per la fusione. Le Scuole di Mestiere: Fin dall’inizio
i Teatini cercarono di contenere e limitare il più possibile le naturali richieste
di autocelebrazione provenienti dalla committenza e, distinguendosi in ciò da
tutte le altre chiese veneziane, comprese quelle conventuali, rifiutarono la
partecipazione di qualsiasi Schola di arte e mestiere. Fu tollerata la
sola presenza di due Schole de Devozion:
quella dedicata a San Nicola da
Tolentino (per riconoscenza e per accordi presi già nel 1527) e quella
delle nobildonne veneziane dedicata a Santa
Francesca Romana. Le 109 arche terragne: La costosa
impresa dell’edificazione della nuova chiesa obbligò i Teatini a rinunciare alla pia
prescrizione di Gian Pietro Carafa, che proprio
ai Tolentini consacrò appositamente un piccolo
cimitero esterno proprio per non accogliere sepolture all’interno del tempio.
L’iniziativa, in contrasto con le consuetudini veneziane e unita al costo
proibitivo dei terreni liberi, si rivelò ben presto un lusso insostenibile. Inizialmente
la cessione delle cappelle alle grandi famiglie veneziane per farne luoghi di
sepoltura per i nobilomeni fu
un passo obbligato per raccogliere il denaro necessario per la costruzione e
l’abbellimento dell’edificio. In seguito però gli stessi Teatini, sulla scia dell’affetto
goduto fra il popolo, progettarono all’interno della chiesa un vero e proprio
camposanto. Sfruttando infatti la sopraelevazione della chiesa, i Teatini
fecero scavare nel pavimento ben 109 arche terragne,
che divenne così il più ampio cimitero comune (per nobili e popolani) esistente
all’interno di una chiesa veneziana. Considerando
che la chiesa è perfettamente orientata verso est, ossia verso il sole
nascente di Cristo, le arche sono disposte a formare un gigantesco “TAU” e
dunque i morti venivano sepolti nella speranza della resurrezione. La fede che li
accompagnava può ben essere riassunta nell’iscrizione funeraria scolpita
nell’arca 41 della famiglia Lavezzari: D O M IO. PAVLI LAVIZARI ET HAEREDUM DOMUS SECUNDA DONEC TERTIA VENERIT A. S. M. D. C. XXXVIII A Dio Ottimo Massimo / di Giovanni Paolo Lavezzari
e degli eredi / seconda abitazione / in attesa della terza / anno della
salvezza / 1638 Bomba austriaca: Come nel caso
della chiesa di San Salvador, anche questa chiesa fu colpita dai bombardamenti
degli invasori austriaci nel 1849: una palla di cannone, caduta di fronte
all'altare maggiore sfondando la cupola, fu in seguito incastonata nella
facciata, a ricordo dell'episodio. |
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Bibliografia: Flaminio Corner “Venetia città nobilissima et singolare”. Stefano Curti, Venezia 1663 Flaminio Corner “Notizie storiche delle chiese e monasteri di Venezia, e di Torcello, tratte dalle chiese veneziane e torcellane” Stamperia del
Seminario, Padova 1758 Giambattista Albrizzi “Forestier illuminato. Intorno le cose più rare e curiose, antiche e moderne,
della città di Venezia e dell’isole circonvicine.” Giambattista Albrizzi, Venezia 1765 Giulio Lorenzetti “Venezia e il suo estuario” Edizioni Lint, Trieste 1956 Umberto Franzoi / Dina Di Stefano “Le chiese di Venezia” Azienda Autonoma
Soggiorno e Turismo, Venezia 1975 Alvise Zorsi “Venezia scomparsa” Electa Editrice, Milano 1977 Tudy Sammartini / Daniele
Resini “Campanili di Venezia” Edizioni Grafiche
Vianello, Treviso 2002 Antonio Manno “La chiesa di San Nicolò da Tolentino a Venezia” Casa Editrice Il
Prato, Vicenza 2012 |